Marino e la grana del rimpasto. Anche il Pd lo scarica, Renzi furioso per le “beghe locali”
Rimpasto sì, rimpasto no. È l’ultimo grattacapo del sindaco Ignazio Marino alle prese con la quadratura del cerchio dopo l’uscita di scena dell’assessore al Bilancio Daniela Morgante, la Merkel capitolina, proprio mentre si sta approvando il bilancio. Deciso dopo mesi di latitanza a riprendersi la leadership minata dalle continue risse in casa, il sindaco “marziano” si è ficcato in un vicolo cieco in piena campagna elettorale. A frenare su possibili new entry sono proprio i democratici che il primo cittadino pensava di poter accontentare con un’accorta modifica del governo capitolino di cui si parla da mesi. Se Renzi è furioso dopo aver chiesto a tutti gli amministratori di fare quadrato e di evitare le beghe locali e le opposizioni parlano di gestione fallimentare, anche dal Pd piovono critiche. Per una vecchia volpe come Umberto Marroni l’apertura della crisi «è incomprensibile», adesso si evitino assurdi balletti di nomi. Per il segretario romano, Lionello Cosentino, il rimpasto non è all’ordine del giorno, anche perché in questo momento trovare qualcuno disposto entrare nella giunta Marino, ai minimi storici di popolarità, è un’impresa difficile. «Sembra di stare nel magico mondo di Oz, dove può accadere di tutto», ironizzano perfino i totonominati. Ma il sindaco ha fretta di levarsi dalla graticola, «il bilancio 2014 arriverà prima della fine del mese per permettere ai municipi di spendere…» promette dopo l’adieu alla sua “lady dei conti” che oggi sul Corriere gli fa le pulci accusandolo di procedere “lento pede” a differenza del passo veloce di Renzi. Solo dopo il via libera al bilancio sul quale Marino ha messo la faccia si penserà al nuovo assessore. Nulla da fare per la “giunta del Venerdì Santo”, la prima senza la Morgante, che avrebbe dovuto dare l’ok alla bozza di manovra che invece slitta a dopo Pasqua. In Campidoglio intanto si continua a lavorare per aggiornare il documento lasciato dalla Morgante: si cambiano cifre e tabelle, si fanno nuove proiezioni di entrate (ad esempio alzando la Tasi al 2,5 per mille e lasciando invariata l’Irpef al 9 per mille) e soprattutto si ragiona sui tagli, oggetto di scontri continui tra il magistrato della Corte dei Conti e i suoi ex colleghi assessori. E non è un caso che il primo a parlare dopo le dimissioni sia stato il sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini, più volte entrato nel totonomine all’Assessorato e deux ex machina nella cabina di regia per il piano di rientro triennale imposto dal SalvaRoma voluto da Marini. «Con i tagli Morgante servizi sociali al collasso», ha detto. E la telenovela di Casa Marino prosegue.