Ora il rivoluzionario Grillo arruola Scilipoti per salvare la democrazia da Renzi
Chi lo avrebbe mai detto che la difesa della statura politica e morale di Domenico Scilipoti sarebbe arrivata da Beppe Grillo, sanguigno portabandiera della volontà popolare contro la casta attaccata alla poltrona. Dopo l’appoggio all’appello per salvare il Senato promosso da Rodotà, il leader pentastellato si affida al senatore che ha fatto dell’arte del ribaltone la sua seconda pelle (passò con disinvoltura dalle file dell’Italia dei Valori fieramente antiberlusconiani a Forza Italia) per puntellare il vecchio Senato dagli assalti di Renzi. Il tutto nel nome dell’intoccabilità della sacra Carta. «È a rischio la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione. Non ci resta che sperare in Razzi, Scilipoti ed amici, che mandino tutto gambe all’aria». È quanto scrive sul blog di Grillo, Aldo Giannuli sparando a zero contro il restyling del Senato e difendendo l’intrusione del presidente Grasso sul dibattito in corso. «Il richiamo dei vertici del Pd nei confronti del presidente di Palazzo Madama, infatti mostra «l’inarrivabile rozzezza dei renziani». Sarà anche un boutade quella su Scilipoti, sarà una provocazione in stile grillino, ma testimonia comunque il cambio di passo del movimento che dal Vaffa grondate rivoluzione passa all’esercito dei notabili costituzionalisti e si ritrova spalla a spalla con i paladini dello status quo e i saltimbanchi del Parlamento. Dov’è finita la crociata contro il bicameralismo perfetto, gli attacchi all’istituto della navetta che obbliga un provvedimento a passare la doppia lettura di Camera e Senato prima di vedere la luce? L’unico elemento di coerenza viene dall’affondo contro Giorgio Napolitano, bersaglio privilegiato dei Cinquestelle. La proposta di una Camera «composta da grandi personalità della cultura, indicate in una rosa dall’Accademia dei Lincei e dalle Università e poi nominate dal Presidente della Repubblica – scrive Giannulli – pensiamo piaccia molto all’attuale capo dello Stato, che è uno che la monarchia ce l’ha nel sangue». E se per difendere la democrazia dalla deriva plebiscitaria di Renzi emulo del Cavaliere si deve scendere a patti con un senatore dall’italiano incerto come Razzi che non fa mistero di essere di «proprietà di Berlusconi», che sia. Del resto la politica è l’arte del compromesso e i militanti e gli elettori che volevano cacciare tutti dal Palazzo sapranno capire. E si tureranno il naso anche di fronte alle posizioni del giovane e promettente Luigi di Maio, vicepresidente della Camera, che oggi si esibisce in un peana al bicameralismo perfetto, ormai abbandonato anche dai parrucchoni della Prima Repubblica. «È un virtuoso meccanismo tramite il quale il Parlamento è in grado di ponderare adeguatamente le scelte complesse e delicate che si trova ogni giorno ad affrontare». Capito? È il nuovo che avanza.