Senato, i frondisti del Pd allo scoperto: «Renzi non è il verbo». E lui esplode: «Non vanno da nessuna parte»
La riforma del Senato si sta trasformando in una corsa a ostacoli per il premier Renzi, preso in una morsa, un’azione a tenaglia tra la “sfida” della minoranza interna al Pd e i paletti posti da Forza Italia: è l’elezione diretta dei senatori il punto dolente su cui si stanno scaldando gli animi. Durante la presentazione del testo da parte del ministro Boschi proprio nella “tana del lupo”, in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, si è avuto subito un assaggio delle difficoltà. A mettere i bastoni tra le ruote a Renzi è anzitutto la sua opposizione interna, non tanto esigua al Senato, che mette in atto la più classica delle tattiche per impaludare il dibattito ed evitare che si arrivi al superamento del bicameralismo perfetto: una controproposta presentata da Vannino Chiti e altri 21 senatori democrat. Un testo che scardina alcuni paletti del governo: il ddl infatti prevede 100 senatori eletti a suffragio universale, con indennità, che legiferano su una serie di materie, pur non dando la fiducia all’esecutivo. Il ddl, sottolinea Chiti, conferma tre dei quattro pilastri posti dal governo: la fiducia concessa dalla sola Camera dei deputati; il superamento del bicameralismo paritario; la riduzione delle indennità che vengono equiparate per deputati e senatori a quella del Sindaco di Roma Capitale». I problemi sorgono invece sul quarto pilastro, ovvero «l’elezione diretta dei senatori che il governo Renzi non intende accettare».
«Il ddl costituzionale dell’esecutivo prevede che la Camera Alta sia formata da rappresentanti delle Regioni e da 21 senatori nominati dal presidente della Repubblica», prosegue Chiti, ma «la minoranza Pd è contraria a questa ipotesi:«Riteniamo sia giusto che siano i cittadini a scegliersi i senatori – spiega ancora Chiti – Ora che è così forte la sfiducia della gente non si deve continuare a giocare con le deleghe. Perché si deve togliere ai cittadini la possibilità di scegliere con il proprio voto? Mentre in Francia varano una legge sulle incompatibilità di cariche pubbliche, in Italia, dove abbiamo già la legge, andiamo in controtendenza: con il ddl del governo avremmo la sovrapposizione degli incarichi di rappresentante regionale o sindaco e senatore», ha spiegato. «Matteo Renzi non è il verbo» e chi si oppone al progetto del governo di riforma del Senato per presentarne uno proprio «non è un infedele», dice secco Chiti. Al Senato le tensioni nel Pd sono molti forti, più di quanto si immaginasse. La fronda dei 22 senatori rischia di ampliarsi: «Già tre senatori di altri partiti sono pronti ad aggiungersi», “minaccia “ il primo firmatario del ddl “eretico”. Ma Renzi, a Ottoemezzo, replica a muso duro: «Non hanno i numeri per approvare il loro ddl. L’asse con Forza Italia? Con tutti i problemi dell’Italia non posso occuparmi di Brunetta».
Ecco, appunto, Forza Italia: Denis Verdini e Gianni Letta sono andati a parlarne con il premier a Palazzo Chigi. Il partito di Berlusconi non si fida più del progetto di riforma proposto dal segretario del Pd, con il quale il Cav al Nazareno aveva stretto un’intesa che contemplava tra le altre cose l’approvazione della nuova legge elettorale. Anche questo sarebbe stato uno degli argomenti principali affrontato dal Cav con Napolitano. I forzisti temono che il criterio proposto dall’esecutivo per elezione dei futuri senatori, ovvero la designazione da parte di Regioni e Comuni, avvantaggi il Pd che conta su un buon numero di amministratori locali. E poi c’è la richiesta di approvare prima l’Italicum. Ma il punto principale è che ci sono molti “azzurri” che vogliono mantenere l’eleggibilità dei futuri senatori, pur superando il bicameralismo perfetto. Altro tema cruciale, Forza Italia non intende lasciare al nuovo Senato la facoltà di eleggere il presidente della Repubblica. Quest’ultimo, secondo una vecchia battaglia della destra, dovrà essere invece eletto direttamente dal popolo.
Ma «sul Senato elettivo al momento non ci sono spazi», “gela” Forza Italia il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, conversando con i cronisti a Palazzo Madama. «L’accordo sulle riforme – spiega – è stato siglato da Silvio Berlusconi come capo dell’opposizione, che ha confermato la sua adesione nei giorni scorsi. Se in Forza Italia ci sono posizioni diverse, credo che troveranno una sintesi», spiega la Boschi. È un braccio di ferro. Per questo i “retroscenisti” stanno da giorni evocando un nuovo incontro tra Berlusconi e il premier, da entrambi negato: «Non è in agenda e non è stato richiesto» da Berlusconi, ha chiarito una nota di Fi. D’altra parte A Renzi fa comodo il sostegno di FI, visto che a Palazzo Madama si allarga la fronda contro il ddl del governo. Secondo fonti parlamentari, il numero di senatori pronti a sostenere Chiti potrebbe salire a 40. La sfida al governo è lanciata.