Senza Berlusconi, Forza Italia è “nave senza nocchiero in gran tempesta”
Ci vorrebbe il genio di Shakespeare per illuminare e descrivere il dubbio amletico che angoscia e logora Berlusconi. Continuare o non ad essere il partner privilegiato delle riforme annunciate da Renzi anche dopo che un tribunale avrà deciso di relegarlo agli arresti domiciliari o di affidarlo in prova ai servizi sociali: ruota intorno a questo arroventato e lacerante dubbio il destino del governo e della legislatura. È un dubbio che è crocevia di storia e prospettiva, di trionfi e tonfi, ma soprattutto è un dubbio che, all’infuori del diretto interessato, nessun ufficio di presidenza, nessun organismo di partito e persino nessun inner circle politico, imprenditoriale o familiare potrebbe mai riuscire a sciogliere.
Come sempre esige l’altezza della tragedia, il Cavaliere è solo, arbitro assoluto ed unico del suo combattimento interiore. Se il celebrato istinto populista lo spinge a mandare all’aria l’accordo con Renzi e, con esso, le residue possibilità di un’uscita ordinata dalla crisi economica e dal coma istituzionale, la sua natura mercantile gli suggerisce il contrario. Rompere con il premier significa assecondare un’esigenza quasi vitale di agibilità e visibilità politica. I sondaggi non premiano la linea “né carne né pesce” inaugurata dagli “azzurri” all’indomani dell’incontro del Nazareno tra Renzi e il Cavaliere. Anzi, ne stanno impietosamente evidenziando il limite e l’evanescenza. Ovviamente con il governo e la legislatura tramonterebbe anche il sogno di trovare posto nel Pantheon dei costituenti con cui Berlusconi cerca di compensare l’offuscamento causato dalle disavventure giudiziarie. Non rompere equivale invece a vivacchiare in una terra di nessuno dove si recita a soggetto, con Brunetta che spara a palle incatenate contro il premier proprio mentre questi riceve dal Mattinale, vero house organ del Cavaliere, la pressante richiesta per un nuovo faccia a faccia. Non è gioco delle parti, ma semplice confusione di ruoli e di linguaggi.
E così tutto torna ad intrecciarsi: la condizione di quasi “prigioniero” di Berlusconi con la crisi d’identità della sua creatura politica, quella Forza Italia che egli credeva di poter tirare a lucido e spacciare per nuova quando si vedeva lontano un miglio che ne era una patetica imitazione che con l’originale condivide solo l’incapacità di sopravvivere al suo fondatore, leader e demiurgo. E il fondatore lo sa, come sa che da qui al 10 aprile nessuno, Napolitano compreso, gli potrà consegnare il salvacondotto dell’agibilità politica. Priva di Berlusconi in campagna elettorale, Forza Italia è davvero “nave senza nocchiero in gran tempesta”. Da qui la necessità di dare almeno una rotta all’equipaggio. Ma non è facile e nessuno ne è consapevole quanto Berlusconi, che forse sta rimuginando e recriminando su quella precipitosa fuga dal governo che consentì ad Alfano di accomiatarsi polemicamente dalla madrepatria forzista per andare a presidiare in nome del centrodestra l’area della maggioranza. Indebolendo Letta, il Cavaliere ha facilitato l’ingresso di Renzi a Palazzo Chigi. Sdoganando Renzi come interlocutore affidabile per le riforme, ne ha accresciuto l’appeal presso l’elettorato forzista. Il rischio di un nuovo fallo di reazione dalle conseguenze ancor più penalizzanti è, ancora una volta, dietro l’angolo. E Berlusconi sembra, più di Amleto, prigioniero del dubbio.