Sorpresa, Renzi è più “vecchio” di quanto sembra. E ha in tasca il biglietto di ritorno alla politica anni ’80
Non c’è solo il trucco degli 80 euro che entrano dalla porta principale ed escono da quella secondaria, lasciando il portafogli vuoto com’era prima. Non c’è nemmeno solo il trucco, del prelievo sui conti correnti, passato quasi sotto silenzio e fatto in modo furbo. C’è anche il trucco delle riforme che Renzi continua a presentare ovunque come “rivoluzionarie”, ma che servono solo ai conti elettorali della sinistra, che strategicamente le sta modellando a proprio uso e consumo. Il nuovo don Matteo – che a differenza del personaggio interpretato da Terence Hill tanto buono non è, nonostante le apparenze – tra un sorriso e l’altro sta gettando la maschera, staccando un biglietto di andata e ritorno nella vecchia politica stile anni Ottanta, compromessi, accordi nei corridoi, pentapartiti. Non a caso torna il pallottoliere, per vedere se ci sono i numeri per portare avanti le riforme-bluff senza Forza Italia, alla faccia di impegni e intese, giuramenti e promesse. «Senza di noi non c’è maggioranza», ha avvertito Maurizio Gasparri. E Altero Matteoli ha puntualizzato che «le riforme debbono essere durature e servire al Paese, non a Renzi per fare risultato alle europee del 25 maggio. Forza Italia è favorevole a riformare il Senato, il Titolo V della Costituzione, prevedendo più poteri per il premier, e non verrà meno ai patti». Il parlamentare azzurro ricorda che il centrodestra «le riforme le aveva già fatte nel 2005, le chiede da sempre e non salteranno se saranno utili al Paese». Il banco salta se Renzi vorrà privilegiare un’operazione frettolosa, di facciata, simile a quella che la sinistra realizzò con esiti nefasti per se stessa e per il Paese nel 2001 quando approvò da sola con 4 voti di scarto la riforma del Titolo V. Le riforme sono un argomento troppo serio e importante per essere usate a fini elettoralistici. Per Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, Renzi in ogni caso non sta riformando il Senato, ma «con il sostegno di partiti non di centrosinistra sta solo abolendo la democrazia in Italia». Infatti, ha rilevato la Meloni, «il Senato rimane, ma l’eleggibilità dei senatori è abolita». E le Province? Anche qui «gli enti rimangono ed è abolita soltanto l’eleggibilità dei consiglieri provinciali. La legge elettorale – ha sostenuto la leader di Fratelli d’Italia – è stata rifatta con le liste bloccate. In pratica si sta costruendo un sistema nel quale gli italiani conteranno sempre di meno. E abolire la democrazia non mi pare una grande riforma». Non è neppure una piccola riforma. È una riforma che sa di pagliacciata, con Renzi giocoliere in un circo costruito per l’occasione e la giostra che gira come nelle feste di piazza.