Abbiamo perso. Facciamo in modo che non succeda più: rivoluzioniamo il centrodestra
Non accampiamo scuse, non è andata bene. Diciamolo chiaramente, è andata male. Malissimo. Trovare giustificazioni, aggrapparsi all’aritmetica, giocare col bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto è un segnale pericoloso, è come aver paura di guardarsi allo specchio. È tutto vero, non è stata una campagna elettorale semplice, Forza Italia veniva fuori malconcia da una stagione difficile che ha visto la condanna di Berlusconi, il divieto di fare comizi fuori dal recinto deciso dalle toghe, l’obbligo di tornare a casa a un certo orario, ancor prima della mezzanotte e quindi peggio di Cenerentola, gli insulti e la derisione da parte degli avversari, la sensazione che era l’ultima volta di un leader costretto all’angolo. Il partito di Alfano, invece, ha pagato la scissione, le accuse di tradimento, il paradosso di chiamarsi Nuovo Centrodestra ed essere parte integrante del governo di centrosinistra. Una situazione ibrida che gli elettori hanno rispedito al mittente. Fratelli d’Italia – dopo una partenza in quarta – ha finito per pagare la polarizzazione creata dai media sui tre principali competitor e quindi ha avuto poche possibilità di manovra. Diverso il discorso della Lega che è riuscita a cancellare il passato di scandali e ha inciso di nuovo sul territorio con una forte identità anti-euro e anti-immigrazione. Nonostante ciò – dicono in molti – se si sommano i voti dei vari partiti di centrodestra la coalizione non ha perso rispetto alle politiche. Anzi, se vogliamo essere precisi, ha addirittura fatto qualche passettino in avanti. Una tesi a rischio. Perché mentre alle politiche la situazione era diversa, c’erano tre poli (centrosinistra, centrodestra e centristi montiani) con l’aggiunta di Grillo, ora i centristi montiani sono stati completamente asfaltati, non esistono più. Ma i voti dei loro ex elettori sono finiti tutti nelle casse di Renzi, che ne ha tratto enorme profitto. Di conseguenza adesso non ci sono due coalizioni che se la giocano alla pari, ma una coalizione che vola oltre il 40 per cento e un’altra che, conti alla mano, non appare competitiva, è ferma al 30. Quindi è inutile rifugiarsi in calcio d’angolo, le abbiamo prese. Ma le migliori vittorie si costruiscono proprio sulle grandi sconfitte, se si è capaci di agire e se si conserva la lucidità. Si parta da un dato: il centrodestra va rivoltato come un pedalino. Non tanto rifondato quanto rivoluzionato. Si abbia il coraggio di farlo, senza rancori e senza dispetti. Non servono Robespierre, serve ritrovare le energie giuste e l’entusiasmo che si è volatilizzato. E magari scelte che non piovano dall’alto perché quegli italiani (il 30 per cento e passa) che – nonostante tutto e contro tutti – hanno votato per il centrodestra non sono un corpo indistinto. Vanno coinvolti. Seriamente.