Alfano di fronte al bivio. All’ombra di Renzi o rimuovere le macerie dei moderati?
I voti si contano o si pesano? L’antico dilemma che divide da sempre politologi e opinionisti rimbalza dietro le analisi elettorali del giorno dopo. E dal dilemma si fatica ad uscire, con il rischio di restarne perennemente imbrigliati. Questa volta però è difficile mantenere separate le due opzioni, almeno in chiave governativa. Il debordante successo di Renzi e del Pd si riflette inevitabilmente sulla coalizione di governo. Non ne altera, come è ovvio, il dato numerico quanto ai rapporti di forza in sede parlamentare. Ma pesa enormemente in termini di condizionamento politico. Insomma, è da ingenui o da folli pensare che, archiviato il voto delle europee, tutto resti come prima. La inedita centralità della sinistra di conio renziano, il cui asse portante si sposta verso un’area moderata spaventata dalle grida grilline, toglie spazio ai partner che ambivano ad occupare quell’area. Lo toglie a Scelta Civica, di cui restano le ceneri e che è ormai definitivamente messa fuori dalla scena politica. Lo sottrae, inevitabilmente, anche al Nuovo Centrodestra di Alfano. C’è poco da rallegrasi per lo scampato pericolo. L’aver superato, sia pure di poco, la soglia di sbarramento del 4 per cento e raccolto poco più di un milione di voti è certo un dato da non trascurare. Ma non va neppure ingigantito e sopravvalutato, come si sta facendo in queste ore. Può rappresentare, potrebbe rappresentare, se davvero si credesse nella possibile rigenerazione del centrodestra, una riserva utile per ricostruire quel che si è sfasciato. Se, invece, come lasciano intendere alcune dichiarazioni dei riferenti nazionali di questo partito, la linea futura si riduce ad una azione politica subalterna e accondiscendente rispetto a quella dettata da Renzi; se, come è finora avvenuto, non è emerso alcun tratto distintivo, nessuna demarcazione, nessuna differenziazione accettabile e comprensibile, che ne valorizzasse il contributo dirimente, palpabile, visibile, come si può pensare di poter conquistare consensi e credibilità in quell’elettorato di centrodestra che, per la stragrande parte, si è rifugiato nel non voto? Scommettere unicamente sul “tiraggio” del governo – lo dimostrano le elezioni europee – giova solo e soltanto a Renzi. Agevolarne la strategia invasiva e coinvolgente (ora destinata ad essere anche più determinata e condizionante) significa votarsi al suicidio politico. Il guaio è che, nelle condizioni attuali, con la scomposizione in atto e lo scottante ridimensionamento del “polo” di centrodestra, nessuno da quelle parti, almeno per un po’, potrà più invocare le elezioni anticipate. Il tempo che abbiamo davanti sarebbe molto più saggio e produttivo impegnarlo in una robusta, profonda, sana autocritica. Questa sì propedeutica e indispensabile per gettare le basi di una diversa e più pregnante offerta politica.