Ci hanno imposto lacrime e sangue. «Tutto sbagliato», parola di premio Nobel

6 Mag 2014 19:50 - di Francesco Signoretta

I tre santoni, quando parlano chiunque deve mettersi sull’attenti altrimenti sono botte da orbi. «Va male, l’ha detto la Bce», e tutti a piangere lacrime amare. «Non abbiamo fatto le cose al meglio, l’ha detto il Fondo monetario», e tutti a sparare sui “colpevoli”, i governi non amici, la ghigliottina è pronta. «I conti non sono a posto, avanti con i sacrifici, l’ha certificato l’Unione europea», e tutti a dissanguare la gente, in nome e per conto di una non meglio identificata Europa. E come contorno la Merkel, che si aggira come un fantasma, appare e terrorizza, impone obbedienza, decide le teste che devono cadere. La famosa Troika gira per il mondo e distribuisce pagelle, boccia e inchioda, ha messo in ginocchio la Grecia, ha fatto le pulci alla Spagna ed è entrata a gamba tesa nella politica italiana imponendo il regime del Terrore, alla Robespierre.  Ma c’è chi non ci sta e smaschera il trucco, alla faccia di tutto quanto è stato detto e scritto sull’azione dei governi sottoposti alla ghigliottina. «Se i miei studenti avessero presentato analisi come quelle della Troika per i Paesi europei li avrei bocciati». A parlare così è il premio Nobel, Joseph Stiglitz, intervenendo alla Luiss per la XIV Lezione “Angelo Costa”. «Fmi, Ue e Bce  –  ha detto l’economista americano – hanno ripetutamente prodotto previsioni errate e piuttosto che ammetterlo e riconoscere i loro sbagli hanno sempre incolpato le loro vittime». Quindi la bocciatura severa anche della ricetta dell’austerità, utilizzata in tutti i Paesi Ue per arginare la crisi. «L’austerità non ha mai funzionato – ha sostenuto Stiglitz –  è una ricetta che non è servita». Una ricetta, però, che ha prodotto molte vittime. Economiche, politiche e sociali. E ha fatto comodo solo a chi voleva prendere il potere, e cioè a quella sinistra che si è subito gettata ai piedi della Merkel, facendosi coccolare dalla Troika. Poteri forti per calpestare la gente comune (e debole).

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