Cinque mogli, venti figli e premier: il Sudafrica nelle mani di Zuma, leader in declino
Mercoledì 21 maggio il Parlamento sudafricano conferirà a Jacob Zuma, 72 anni, 5 mogli e 20 figli dichiarati, il secondo mandato per presiedere la Repubblica in un clima politico e sociale che mostra inequivocabili segni della crisi che, da tempo, sembra mettere a rischio la pacificazione del Paese più progredito dell’Africa. L’Anc, il partito-Stato, ha vinto nuovamente – per la quarta volta consecutiva dal 1994 -, ma questa volta con margini che, restando ampi, devono essere interpretati come indicativi di come il rapporto fortissimo tra l’African National congress e la gente comune si sia allentando. Il nuovo parlamento vedrà ancora la maggioranza assoluta dell’Anc con il 62,15 % dei voti e 249 deputati. Ma, nel 2009, la percentuale era stata più alta (65,9), e soprattutto meno condizionata dall’opposizione che, pur restando nettamente divisa (e con pochi punti da condividere nell’azione contro il governo), pone certamente dei problemi. L’Alleanza democratica, in cinque anni, ha guadagnato oltre sei punti (oggi è al 22,22%) e avrà 89 seggi. Pochi per condizionare il governo e il consolidato sistema di potere dell’Anc, ma bastevoli per ostacolarne il cammino. L’Anc, magmatica coabitazione di interessi, i nemici se li crea in casa e così è stato anche questa volta, con la nascita dei Combattenti per la libertà economica, guidati dal controverso leader Julius Malama, fuoriuscito dall’African National Congress due anni fa per le sue posizioni radicali e dichiaratamente contro l’oligarchia del partito. ”Juju” Malama, look e virulenza dialettica chaviste e una confusa ideologia che attinge a temi e dottrine politiche estremiste antitetiche, rischia di essere elemento destabilizzante del Parlamento, non tanto per la sua rappresentanza (25 deputati), quanto per la dichiarata volontà di mettersi per traverso su ogni iniziativa. Malama ha poi rispolverato i temi della lotta contro i bianchi, e quindi anche le canzoni che incitavano all’uccisione dei ”boeri”. Il Sud Africa sembra però più interessato alle misure economiche da adottare che ai giochi di potere dentro e fuori l’Anc, in cui si agitano più anime e lotte intestine non solo politiche, ma generazionali. Nel senso che quel che non è riuscito a fare Malama, per la grossolanità del personaggio, potrebbero farlo i giovani leoni dell’Anc, cresciuti a democrazia e formazione economica non necessariamente ad impronta socialista, anche se l’Anc è affiliato all’Internazionale socialista e tutti i suoi esponenti vengono da lì. Ma intanto le proteste sociali proseguono e davanti alle miniere di platino di Marikama si continua a morire, mentre la gente si chiede se sia giusto che i miglioramenti nella villa-reggia di Jacob Zuma, a Nkadla, come accusa l’opposizione, siano stati pagati con il denaro pubblico. La verità è che quel cambio di passo atteso dopo la fine del predominio dei bianchi non c’è stato e il Sudafrica, da Stati Uniti del continente, ha peggiorato gli indicatori economici e sociali negli ultimi anni. Negli ultimi giorni violenti disordini sono scoppiati in una township di Johannesburg scatenati dall’Inkhata Freedom Party, partito nazionalista che fa capo all’etnia Zulu, che ha lanciato un’accusa di brogli all’Anc nelle elezioni. Elezioni in cui il partito che fu di Nelson Mandela, al potere da 20 anni, ha vinto riuscendo a strappare all’Ifp due circoscrizioni ad Alexandra, dove sono esplosi i disordini, sfociati nell’arresto di una sessantina di manifestanti. I disordini sono scoppiati con la gente che si è riversata improvvisamente nelle strade di Alexandra e ha iniziato a bruciare pneumatici e a costruire barricate. Per dare manforte alla polizia è stato mobilitato anche l’esercito e la calma è stata riportata solo a fatica. Sono passati 20 anni dalle prime elezioni a suffragio universale del 1994, e in questi vent’anni l’Anc è stato sempre il primo partito alla guida del Sudafrica. L’affluenza alle urne si è attestata a circa il 75% degli aventi diritto. Tuttavia solo un terzo degli aventi diritto si è iscritto alle elezioni, un dato che delude e che evidenzia una forte sfiducia nei partiti da parte delle nuove generazioni sudafricane. Zuma, che è anche presidente dell’Anc, guiderà di nuovo il Paese nonostante i numerosi scandali degli ultimi anni. Secondo l’Economist, il dominio dell’African National Congress deriva dal forte legame che resta con gli elettori, seppure non come venti anni fa, soprattutto grazie alla storia di lotta per la libertà e la democrazia e grazie alla memoria di Madiba. Un altro importante fattore del trionfo riguarda la forte confusione tra servizi statali e partito. Il 44% delle famiglie dipende dal sistema di welfare creato dall’Anc, e coloro che protestano contro il governo spesso non si trasformano in rivali politici. Per i prossimi 5 anni sono molte le questioni sul tavolo delle riforme. Prima fra tutte la questione economica e la necessità di creare nuova occupazione, soprattutto per i giovani. Esiste una forte disuguaglianza sociale, con zone del Paese molto povere dove spesso mancano i beni di prima necessità come acqua ed elettricità. Infine, con questa vittoria, l’Anc dovrà recuperare la credibilità perduta in questi anni, combattendo la corruzione ed evitando che si ripetano gli scandali che hanno colpito il presidente Zuma e il partito al governo.