Dopo l’invito in Vaticano a Shimon Peres e Abu Mazen, il Papa chiede al Signore «la grazia della pace»

26 Mag 2014 10:49 - di Bianca Conte

Momenti di profonda spiritualità accompagnati a iniziative di grande concretezza. Gesti simbolici declinati ad un dialogo interreligioso che non ha solo scandito la fitta agenda di questa intensa tre giorni del Pontefice in Terra Santa, ma ha emblematicamente confermato e rilanciato la politica di incontro “ecumenico” con i più alti esponenti delle altre professioni di fede, inaugurata da Giovanni Paolo II: il viaggio di Papa Francesco è stato questo, e molto di più ancora. È stato il momento alto dell’incontro con il rabbino capo davanti al Muro del Pianto, dove il Santo Padre, con la mano appoggiata sulle pietre – tra le cui fessure ha posto un biglietto con il testo del Padre Nostro, scritto nella lingua «che ha imparato dalla madre» – si è raccolto in preghiera silenziosa per alcuni minuti. È stato la sequenza dei flash che hanno immortalato il fraterno abbraccio con il suo amico rabbino Abraham Skorka, rettore del Seminario rabbinico latinoamericano a Buenos Aires. È stato la summa di quei minuti di profonda religiosità vissuti insieme al gran rabbino. È concentrato nelle immagini di Papa Francesco nella Spianata delle Moschee, a Gerusalemme. Immagini che ritraggono l’auto vaticana fermarsi all’ingresso della Cupola della Roccia e della moschea al-Aqsa, uno dei luoghi santi per i musulmani, terza meta di pellegrinaggio dopo la Mecca e Medina. Epicentro simbolico che per i fedeli dell’Islam rappresenta il luogo da cui il profeta Maometto fu asceso al cielo. Ma anche area ritenuta sacra dagli ebrei, essendo il sito del Tempio di Salomone, e che per i cristiani rappresenta il luogo della profezia di Cristo sulla distruzione del Tempio: e, dunque, il significato simbolico di questo viaggio in Terra Santa è racchiuso anche nell’incontro del Pontefice con le autorità islamiche. Ma, soprattutto, il significato imprescindibile di questa missione del Papa nei luoghi sacri della spiritualità è racchiuso in quell’importantissima invocazione alla pace, un appello dal profondo significato religioso e dagli importantissimi risvolti politici, che Papa Francesco ha ribadito a più riprese, ad ogni tappa e ad ogni incontro di questo suo viaggio. «Sono venuto a pregare e ho chiesto al Signore la grazia della pace», ha scritto Papa Francesco nel libro d’onore dopo la sua preghiera al Muro del Pianto. «Rispettiamoci ed amiamoci gli uni gli altri come fratelli e sorelle – ha aggiunto a voce – impariamo a comprendere il dolore dell’altro! Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio! Lavoriamo insieme per la giustizia e per la pace!», è stato l’accorato appello ripetuto da Papa Francesco incontrando il Gran Mufti di Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee. Un’esortazione trasversale che il Pontefice ha rivolto «da questo luogo santo» che è la Spianata delle Moschee, «a tutte le persone e le comunità che si riconoscono in Abramo»: quindi a musulmani, cristiani ed ebrei. «Questo mio pellegrinaggio – ha ricordato Bergoglio – non sarebbe completo se non contemplasse anche l’incontro con le persone e le comunità che vivono in questa Terra, e pertanto sono particolarmente lieto di ritrovarmi con voi, amici musulmani, fratelli cari», ha detto Papa Francesco nell’incontro col Gran Mufti nell’edificio del Gran Consiglio. Esattamente come ha espresso i suoi «sentimenti di gioia» per essersi ritrovato insieme ai suoi «fratelli maggiori», tornando a definire il popolo ebraico come già Giovanni Paolo II.
Accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benyamin Netanyahu, Papa Francesco è arrivato al Mausoleo del Monte Herzl, dove ha deposto fiori sulla tomba di Theodor Herzl, fondatore del Movimento Sionista. Quindi, raggiunto lo Yad Vashem, il Memoriale a Gerusalemme dedicato alle vittime dell’Olocausto, ha ripercorso le tappe del dolore vissute dalle vittime della Shoah. E, ancora una volta, ha lanciato il suo monito a non ripetere mai più gli orrori della guerra. E, a proposito di conflitto, per discutere del futuro del processo di pace in Medio Oriente, il Pontefice ha invitato il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) a elevare con lui «un’intensa preghiera» per invocare «il dono della pace». «Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera», ha detto Papa Francesco organizzando quasi estemporaneamente un evento senza precedenti, che vedrà riuniti in Vaticano insieme a Bergoglio – si prevede già il mese prossimo – il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen.

 

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