I referendum della Lega e la mossa di Berlusconi: ragionarci sopra non è peccato
Poiché da qualcosa si dovrà pur ripartire, si potrebbe ricominciare da qui. Dal sostegno ai referendum. Quelli della Lega di Matteo Salvini, ovviamente. Il Matteo più vicino. Il più simile. Quello che quando lo senti parlare, sembra quasi uno di noi. Si potrebbe, certo, ma non è detto. Perché niente c’è di scontato nel campo della destra. A maggior ragione dopo il passaggio del ciclone Renzi. L’altro Matteo. Quello che ha asfaltato la classe dirigente del Pd e, domenica scorsa, anche il resto della politica italiana. Che non sia una questione generazionale, ma squisitamente politica, di sensibilità e capacità politica per l’appunto, se ne è subito incaricato di farcelo capire Silvio Berlusconi. Che sarà pure vecchietto, che sarà sicuramente acciaccato, che pure sarà stanco e anche un po’ deluso, ma che ancora una volta ha dato un segnale di intelligenza politica non comune. L’intuito del resto è, ed è stato, una delle sue cifre migliori. Le europee sono archiviate. E il Cavaliere, dato già per spacciato, non ci pensa proprio a mollare. Anzi, dalle prime mosse, pare stia già pensando a come riorganizzarsi. E rispondere al protagonismo del suo giovane emulo toscano. Per questo sente al telefono Salvini. E con lui concorda una conferenza stampa in cui spiegherà il sostegno ai referendum della Lega. La mossa è fatta. Ed è la mossa del Cavallo. Che è quasi un azzardo. Ma ha le sue ragioni. Almeno tre. Abrogare la legge Merlin, che le prostitute le manda per strada; abrogare la legge Mancino, che le opinioni le punisce negando nei fatti la libertà; abrogare la legge Fornero, che il lavoro lo umilia e produce esodati. Tre argomenti forti. Tre norme figlie di integralismi diversi che una moderna destra può e deve contrastare. Certo, non sarà la soluzione ai problemi di schieramento, né della leadership che verrà. Ma da qualcosa bisognerà pur cominciare. Ed è il Cavallo l’unico pezzo del gioco che può scavalcare gli altri.