I voti del centrodestra stanno al Sud. È ora di accorgersene

27 Mag 2014 12:52 - di Mario Landolfi

Ora che la sconfitta del centrodestra si è consumata, evitiamo per favore, e per dirla con Guccini, di “dire cose vecchie con il vestito nuovo”. La premessa è d’obbligo visto che le prime reazioni forziste risultano già impastate col più vieto giustificazionismo: leader azzoppato, astensionismo, scissione del Ncd e chi più ne ha più ne metta. Il tutto come se questo pur difficile contesto fosse figlio di un destino cinico e baro e non la conseguenza di precise (e sbagliate) scelte politiche. Smettiamola perciò di sperimentare alchimie avariate, addizioni di sigle già sconfitte dalla prova dei fatti o di defilarci lungo la scorciatoia di non meglio precisati “laboratori” politici, la cui unica missione consiste nel rafforzare l’intesa con la Lega e – sempre per stare con Guccini – “a culo tutto il resto”.
È meglio perciò sgombrare il campo e mettere le cose in chiaro: il centrodestra a trazione nordista è finito. Anche i bambini si sono accorti che chi blatera di federalismo pensando alla secessione vota Salvini e non Berlusconi e che l’aver regalato nel recente passato le tre regioni settentrionali al Carroccio – al netto della scontata elezione del piddino Chiamparino a governatore del Piemonte – si è rivelato un affare solo per i seguaci di Alberto da Giussano. Le elezioni europee hanno certificato che i voti stanno dall’altra parte, al Sud. Vale per Forza Italia, ma anche per Ncd e Fdi-An. Se il centrodestra intende suicidarsi politicamente ed elettoralmente non deve far altro che continuare sulla strada fin qui percorsa. Al contrario, se decide di giocarsi la partita per il governo del futuro, deve ristabilire le distanze con la Lega, ritagliando per sé il ruolo di grande contenitore nazionale. Si può stare in coalizione, certo, ma come ci sta la Cdu tedesca con la Csu bavarese e non trasformando Forza Italia in Forza Nord.
L’elettorato meridionale si è mostrato ancora una volta generoso e fedele verso Berlusconi. Solo questa circostanza ha consentito al Cavaliere di commentare “solo” una brutta sconfitta e non una Waterloo. Se la risposta a cotanto slancio consistesse nella riedizione sic et simpliciter dell’alleanza in salsa padana, più e peggio di un clamoroso tradimento sarebbe un errore politico. Tanto più che la perentoria affermazione di Fitto lascia pensare che il partito del Sud è stanco di sostare nell’anticamera.

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