Il caso Giulio Cesare è “chiuso”, l’ideologia gender nelle scuole continuerà a dividere

3 Mag 2014 20:05 - di Valeria Gelsi

Per il ministero dell’Istruzione «il caso è chiuso». Non ci saranno sanzioni, richiami o ulteriori approfondimenti sulla vicenda della lettura porno-gay proposta ai ragazzi del liceo Giulio Cesare di Roma. A riferirlo sono state fonti dello stesso ministero al Messaggero, dopo aver preso visione della «dettagliata relazione del dirigente scolastico

che ha parlato del percorso sull’omofobia che ha coinvolto alunni e genitori». La conclusione della vicenda non giunge inaspettata: già alcuni giorni fa il ministro Stefania Giannini aveva spiegato che, a suo avviso, «il problema dell’omofobia al Giulio Cesare è stato affrontato in modo corretto». Eppure, lei stessa, una moderata, eletta nelle liste di Scelta civica, appena pochi giorni fa, nel corso della trasmissione radiofonica Un giorno da pecora, si era rifiutata di leggere il passaggio incriminato del romanzo di Melania Mazzucco, quello in cui, con dovizia di particolari, veniva descritto un rapporto orale omosessuale tra adolescenti. Questo non le aveva impedito di difendere i professori, trincerandosi dietro la necessità di non decontestualizzare. Dunque, anche la nuova gestione del Miur offre una copertura istituzionale all’introduzione della ideologia gender nelle scuole pubbliche, promossa e avviata dall’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, durante il precedente governo. Si tratta di un cambio di passo rispetto alle prese di posizione di non molte settimane fa, quando decise di bloccare l’invio di opuscoli in cui la famiglia composta da madre, padre e figli veniva definita «uno stereotipo da pubblicità». Intervistata da Avvenire la Giannini ricordò che «la famiglia è riconosciuta a livello costituzionale» aggiungendo che «questo, ovviamente, nulla toglie all’impegno nelle scuole per la lotta alla discriminazione, di cui l’omofobia è uno degli aspetti non secondari».

Una impostazione più che condivisibile, anche perché in quello stesso contesto il ministro spiegò che «bisogna agire in modo laico, non ideologico, rispettando tutte le sensibilità presenti». «In questo senso – aggiunse – ho intenzione di aprire un confronto il più ampio possibile, aprendo un tavolo con tutte le parti interessate, comprese le associazioni dei genitori e quelle degli studenti. La mia idea è quella di realizzare una larga condivisione sui contenuti e delle strategie di comunicazione». Alla luce dell’atteggiamento assunto su quanto avvenuto al Giulio Cesare, però, quelle affermazioni sui percorsi condivisi risultano già smentite. Non solo, sembra che la prima a decontestualizzare sia proprio il ministro, che fatica a inquadrare i fatti del liceo romano nella loro esatta cornice, che è la stessa degli opuscoli contro la famiglia: l’operazione dell’Unar. Un’operazione settaria e divisiva, promossa da una minoranza, prima nel chiuso di una stanza ministeriale e poi in quello di un’aula docenti. È in questo contesto che va inquadrata la vicenda del Giulio Cesare, perché in questo contesto il tema legittimo della lotta all’omofobia finisce con l’essere usato come testa d’ariete per imporre una visione ideologica dei rapporti – anche sentimentali – tra le persone.

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