Il Papa al mondo della scuola: «Meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca»
«Si educa anche per assumere i valori. Non facciamoci rubare l’amore per la scuola. Auguro a tutti voi, genitori, insegnanti, persone che lavorano nella scuola, studenti, una bella strada nella scuola, che faccia crescere le tre lingue che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani, ma armoniosamente». Per un pomeriggio piazza San Pietro e via della Conciliazione si sono trasformate una bell’aula scolastica all’aperto, con bambini, studenti e professori. E un insegnante d’eccezione: Papa Francesco. Una moltitudine di persone giunte da ogni parte d’Italia: in trecentomila per ore hanno atteso l’arrivo del Papa per “We care”, l’incontro con la scuola italiana, organizzato dalla Cei e al quale originariamente si stimava la presenza di 150mila persone. Poi alle 17.58 l’arrivo del Papa in una piazza festante e colorata. Il Pontefice compie un giro sulla jeep anche lungo via della Conciliazione. Ci sono applausi e urla di gioia. L’incontro si articola tra canti, letture di brani di autori tra cui Don Milani e Daniel Pennac, racconti di esperienze personali e ricordi di scuola. C’è il presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco e il ministro della Istruzione Stefania Giannini. Le parole del Papa toccano subito il cuore dei presenti. «Si vede che questa manifestazione non è “contro”, è “per” – esordisce il Papa – Non è un lamento, è una festa, una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo, ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola». Il primo pensiero va a Don Lorenzo Milani. «Andare a scuola – dice a braccio – significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. Questo è bellissimo, nei primi anni si impara a 360 gradi, poi pian piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà. Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: Don Lorenzo Milani». E poi: «Ho sentito le testimonianze dei vostri insegnanti e sono contento di sentirli tanto aperti alla realtà». I ragazzi, ricorda il Papa, sono «attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, e così incoraggiano la scuola». Ci sono anche i racconti di Giulio Scarpati, Jury Chechi, Veronica Pivetti. «Ho sentito nelle vostre testimonianze – dice il Papa – che non si cresce da soli, io ho un’immagine del mio primo insegnante che mi ha aiutato a crescere, quella maestra che mi ha preso a sei anni al primo livello della scuola, mai ho potuto dimenticarla, lei mi ha fatto amare la scuola e poi sono andato a trovarla per tutta la via e sono andato a trovarla fino a che è mancata a 98 anni, è lei che mi ha insegnato ad amare la scuola». Spiega i motivi per cui ama la scuola: «Perché é sinonimo di apertura alla realtà, è luogo di incontro e perché ci educa al vero, al bene, al bello. La scuola non è un parcheggio è un posto di incontro nel cammino e oggi noi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per conoscerci, amarci, camminare insieme». Papa Bergoglio cita anche un proverbio africano: «Per educare un figlio ci vuole un villaggio, per educare un ragazzo ci vuole tanta gente. Vi piace questo proverbio africano? Sì? Diciamolo insieme: per educare un figlio ci vuole un villaggio». Infine, riferendosi a una frase del ginnasta Jury Chechi dice: «Oggi abbiamo sentito qui che è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca, ricordatelo, questo ci farà bene per la vita. Diciamolo insieme “sempre è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca”».