Il pasticciaccio sulle riforme mette Renzi nei guai. I suoi lo abbandonano, è caos al Senato
Le sceneggiate di Renzi non possono durare per sempre, alla fine la verità viene fuori e per lui sono dolori. Non dura neanche un giorno la pausa di riflessione del Senato sulle riforme. Avrebbe dovuto reggere fino alle europee, per evitare condizionamenti e turbolenze elettorali. E invece Roberto Calderoli mette subito una nuova mina sul cammino del ddl del governo per superare il bicameralismo perfetto. Con il sostegno di M5S, Sel e Gal, il leghista chiede alla giunta per il Regolamento di valutare se sia valida l’adozione di quel ddl come testo base. La mossa di Calderoli torna ad alzare la tensione a Palazzo Madama. «È il Pd che collabora con noi» sulle riforme, dice Silvio Berlusconi al Tg1. È la rivendicazione di forza dell’ex Cav, dopo che i senatori azzurri sono stati determinanti martedì in commissione per approvare il ddl del governo come testo base. Ma Matteo Renzi guarda dritto al risultato da usare come la pubblicità di Carosello: incassare il primo via libera in aula al ddl per la riforma del Senato e del titolo V entro «cinque o sei settimane», entro il 10 giugno. E si svicola dall’abbraccio del leader di FI: «Non sto facendo accordi segreti con lui». Ma a Palazzo Madama il ministro Maria Elena Boschi si trova a fronteggiare una nuova “imboscata” di Calderoli. Su richiesta del vicepresidente del Senato viene infatti convocata per martedì prossimo la giunta per il regolamento, per stabilire se è vero, come sostiene il leghista, che il suo ordine del giorno votato in commissione «rende nulla» l’adozione successiva del ddl del governo come testo base. I due testi sono infatti in contraddizione, inconciliabili: il primo è per l’elezione diretta, il secondo per l’elezione indiretta dei senatori. Calderoli «sbaglia», secondo Boschi, che però afferma: «Dobbiamo rispettare i lavori della giunta». Ma nell’attesa della decisione di martedì, solleva nuove polemiche e sospetti sull’affidabilità di Forza Italia, ma è il solito modo per gettare fumo negli occhi. Non a caso Corradino Mineo, esponente dell’area critica interna al Pd, si schiera con Calderoli: «Penso che la legittimità politica di un documento», come l’odg del leghista, «che tiene conto di 27-28 ore di dibattito sia superiore» rispetto al testo base del governo «scritto prima e in parte contraddetto da quel documento». Oltre quaranta senatori dem, assicura Calderoli a Libero, sono pronti a “tradire il governo” e affossare la riforma. Anche perché quello di Renzi è un pasticciaccio: «Tutto quello che Renzi sta facendo è costruire un sistema nel quale gli italiani conteranno sempre di meno e decideranno sempre di più i segretari di partito». ha detto Giorgia Meloni. E per Maurizio Gasparri «la verità è che il Pd serie riforme non vuole farle, altrimenti non si sarebbe limitato a una proposta ridicola come la trasformazione del Senato in un nominificio di sindaci e rappresentanti del Presidente della Repubblica».