Rispunta perfino Occhetto: anche lui prova a salire sul carro del vincitore

29 Mag 2014 14:45 - di Redattore 92

“A volte ritornano”, era il titolo di un romanzo horror di Stephen King divenuto poi un successo cinematografico. Stavolta lo stesso titolo andrebbe riservato, genere commedia comica, all’intervista al Mattino di Achille Occhetto. Sì, proprio lui, quello della “gioiosa macchina da guerra”, il generale della Caporetto della sinistra che andò per suonare Silvio Berlusconi e finì suonato. Come un pugile. E proprio le parole dell’ex segretario del Pci sembrano quelle di un ex pugile che ancora si mette in guardia al suono della campanalla. L’impavido Achille, con sprezzo del ridicolo, non solo è salito sull’affollatissimo carro dei vincitori condotto da Matteo Renzi, ma si è arrogato perfino i diritti di “proprietà “del carro stesso. “Se non c’era la svolta della Bolognina, oggi non c’era il Pd di Renzi”, è stato l’avventuroso sillogismo esposto dall’ex segretario del Pci-Pds. Un’argomentazione così surreale avrebbe fatto impallidire Ionesco e le battute di Achille Campanile. Basterebbe tenere presente che la Bolognina c’è stata nel 1991, quando Renzi ancora faceva i provini per partecipare alla “Ruota della fortuna” e che ancora prima c’era stata la dissoluzione dell’Unione sovietica che aveva privato di un punto di riferimento tutti i partiti comunisti occidentali. Insomma, quella di Occhetto è una tesi da inserire nel Guinnes dei primati della faccia tosta. La stessa faccia tosta che aveva consentito all’ex leader Pci di dire, qualche giorno prima, in un’intervista Repubblica che la campagna elettorale per le europee era la più scadente della storia democratica, che tra i leader politici mancavano “pensieri lunghi”, che ai suoi tempi era tutta un’altra cosa. Un atto d’accusa in piena regola, con tutti i distinguo del caso, al nuovo modo di fare politica della sinistra. E con quell’atto d’accusa una implicita bocciatura senza appello di Renzi. Meno di una settimana dopo arriva il mea culpa? Arrivano le scuse a Renzi? Neanche per sogno. Occhetto arriva invece a rivendicare la primogenitura della vittoria, quasi a farsi padre putativo e leader di riferimento del presidente del Consiglio. A questo punto, come in una sitcom, si aspetta la prossima intervista all’ineffabile Achille. Magari farà sapere che, in realtà, il muro di Berlino l’ha fatto cadere lui.

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