Rom e “razzismo”, il Tribunale di Roma dà torto a Maroni. C’era da scommetterci

15 Mag 2014 19:27 - di Guglielmo Federici

Chissà perché, ce l’aspettavamo. Il tribunale di Roma avalla la richiesta dell’Arci (Associazione ricreativa e culturale italiana) e ha respinto la richiesta dell’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, di perseguire per diffamazione l’associazione che da sempre è legata alla sinistra. La vicenda risale al 2009, quando l’allora ministro dell’Interno citò in giudizio l’Arci per una dichiarazione del responsabile immigrazione Filippo Miraglia, rilasciata nel luglio del 2008, che Maroni giudicò lesiva della propria immagine e reputazione. Nella dichiarazione si faceva riferimento all’ordine impartito alle prefetture dal ministero dell’Interno di imporre ai dirigenti scolastici la schedatura degli studenti stranieri, con particolare attenzione ai minori rom, sinti e camminanti. L’Arci partì subito all’attacco e parlò di carattere «discriminatorio, razzista e persecutorio» nei confronti delle minoranze etniche, oltre che intimidatorio nei confronti dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e delle famiglie dei ragazzi stranieri e ne chiese l’immediato ritiro. Il giudice, accogliendo le argomentazioni della difesa – riferisce l’Arci – nella sentenza afferma che l’intento diffamatorio non esiste, poiché la notizia pubblicata rispondeva a requisiti di verità e quindi rientrava nel diritto costituzionalmente garantito alla libertà di informazione. Naturalmente, secondo il giudice, le espressioni usate dall’Arci «non fuoriescono dalla correttezza verbale»né possono ritenersi «oggettivamente offensive o volgari». Insomma, Maroni aveva torto per il Tribunale di Roma. E pensare che invece Maroni con quella direttiva – che aveva lo scopo di monitorare una situazione e non di discriminarla – si era dimostrato un anticipatore persino dello stesso sindaco Marino, almeno sul piano lessicale.

Il sindaco di Roma infatti non più tardi di un mese fa ha eliminato il termine “nomadi” dagli atti dell’amministrazione comunale di Roma, sostituendolo con “rom, sinti e camminanti”. Il termine “nomadi” è discriminatorio, ha detto Marino e la Giunta capitolina di sinistra in omaggio al politicalemente corretto affronta il problema cambiandogli nome, ma in sostanza non risolvendolo. L’Arci in queto caso non si è sentita presa per i fondelli… Almeno, all’epoca, il tanto vituperato Maroni usò una terminologia corretta e l’accusa di razzismo  appare inopportuna e strumentale. Solo chi non vuole vedere e vuole solo fare polemica non si accorge che la presenza rom, soprattutto nelle grande città, è in aumento costante. All’epoca Maroni prese un’iniziativa se vogliamo banale: chiese di monitorare i numeri di questa presenza straniera nelle scuole italiane, soprattutto  a fronte di  interventi milionari preposti ad affrontare l’emergenza. Il Viminale ai tempi di Maroni aveva  stanziato infatti complessivamente 60 milioni di euro per i rom in cinque regioni (Lazio, Campania, Lombardia, Veneto e Piemonte). Al Lazio ne erano andati un terzo (20 milioni circa). Non era una “schedatura etnica” ma un modo per dislocare le risorse in modo proporzionale alle richieste territoriali. Ma il tribunale di Roma la vede in altro modo.

 

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