Scajola non risponde al gip. I legali: «È sereno, lo abbiamo dissuaso noi, vogliamo studiare le carte»

9 Mag 2014 19:50 - di Redazione

Si è avvalso della facoltà di non rispondere Claudio Scajola. L’interrogatorio di garanzia si è svolto nel carcere di Regina Coeli, dove l’ex ministro ha passato la notte dopo l’arresto per l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato a cinque anni di carcere per i rapporti con la cosca Rosmini. «Voleva rispondere, ma

gli abbiamo consigliato di non farlo: vogliamo prima parlare con lui e studiare le carte», ha detto l’avvocato Giorgio Perroni, ribadendo la volontà del suo assistito di confrontarsi con la magistratura. «È sereno, tranquillo, convinto di poter spiegare i fatti», ha detto il legale, che non ha negato i rapporti tra l’ex ministro e la moglie di Matacena, Chiara Rizzo. Anzi, l’ha definito «un dato oggettivo», ma «senza vedere le carte e aver parlato con il nostro assistito – ha precisato – è impossibile fare delle valutazioni». Il prossimo passo, quindi, sarà la richiesta al gip di revocare il divieto di incontrare Scajola anche vista del prossimo colloquio con gli inquirenti. «La norma – ha spiegato Perroni – permette al Gip di differire l’incontro con i legali. Speriamo che ce lo conceda e di poterlo vedere martedì o mercoledì, così da sostenere un interrogatorio più completo con i pubblici ministeri giovedì o venerdì per spiegare tutti i fatti». Nel frattempo ci sono 38 faldoni di atti da studiare e i nuovi elementi che arrivano dai procedimenti e dalle indagini in corso. La Dda di Reggio Calabria ha predisposto il ricorso da presentare al tribunale del riesame contro la decisione del gip di rigettare, nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Scajola e delle altre persone arrestate, l’aggravante dell’articolo 7 per avere, gli indagati, favorito un’associazione mafiosa. Fonti vicine all’inchiesta, poi, hanno fatto trapelare la notizia di un elemento «decisivo» per confermare le accuse, che sarebbe emerso nel corso di una perquisizione. Si tratterebbe di un foglio scritto in lingua straniera sequestrato a Genova e nella disponibilità dell’ex ministro. A quanto è stato fatto sapere, da una prima lettura confermerebbe l’impegno di Scajola per favorire la latitanza di Matacena, ma gli investigatori intendono esaminarlo attentamente per accertare se è veramente quello che sembra. Si tratta di un elemento che, però, non è ancora a disposizione della difesa, che con l’avvocato Elisabetta Busito ha invece chiarito che «la perquisizione nella casa di Scajola a Roma, l’unica a cui abbia assistito, ha dato esito negativo». Intanto iniziano a uscire anche le indiscrezioni sugli altri elementi dell’inchiesta, primi fra tutti i testi delle intercettazioni delle telefonate tra Scajola e la Rizzo, riportati nell’ordinanza di custodia cautelare e considerati di grande valore per le indagini. Secondo gli stessi inquirenti le conversazioni sono in un linguaggio in codice, fatte di mezzi frasi e prive di riferimenti espliciti, ma confermerebbero comunque il ruolo di Scajola nel favoreggiamento della latitanza di Matacena e l’ipotesi di un suo spostamento dagli Emirati Arabi al Libano. «Avevo ragione a non volere la candidatura di Claudio Scajola prima di quanto avvenuto ieri e non per quanto accaduto ieri», ha detto il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti, parlando del «bisogno del partito di rinnovarsi», ma chiarendo anche di sentire «puzza di giustizia a orologeria». «Sono contrario alla carcerazione preventiva, salvo che non sia assolutamente indispensabile», ha chiarito Toti, aggiungendo che «da quello che leggo non so se la carcerazione di Scajola fosse assolutamente indispensabile, propendo più per il no che per il sì, ma non faccio il magistrato né tanto meno l’avvocato, dico – ha concluso Toti – che dovrebbe essere limitata al minimo».

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