Un ciclone si abbatte sulla politica britannica: quello dell’euroscettico Nigel Farage (il suo partito è dato al 15%)

14 Mag 2014 12:57 - di Desiree Ragazzi

Più di Marine Le Pen in Francia, l’Ukip di Nigel Farage sta scuotendo dal basso il Regno Unito. Tory e Labour avvertono come una minaccia concreta l’avanzata dell’ultradestra euroscettica. A dieci giorni dalle europee i sondaggi mostrano i Tory avanti rispetto ai Labour, ma al terzo posto incalzano gli antieuropesti dell’Ukip. Il partito conservatore britannico al governo torna in testa nei sondaggi quasi alla fine della legislatura, quando manca un anno scarso alle prossime elezioni politiche e a pochi giorni dalle europee che anche nel Regno Unito rappresentano un atteso test. Ben due sondaggi segnalano che i Tory sono passati avanti dopo più di due anni in cui arrancavano dietro ai laburisti. Il rilevamento condotto per il conservatore Lord Ashcroft vede il partito del primo ministro David Cameron al primo posto con il 34% dei consensi. Segue il partito laburista con il 32%, quindi gli euroscettici dell’Ukip con il 15% e in coda il partito liberaldemocratico, che è in coalizione di governo con i conservatori, al 9%. Il Guardian ha pubblicato un sondaggio dell’istituto Icm e la fotografia è pressoché la stessa: i Tory sono primi col 33% dei consensi, seguiti dai laburisti al 31%, e dall’euroscettico Ukip al 15%.

Ma ciò che emerge chiaro dalle rivelazioni è che i due partiti ormai non possono più sottovalutare la portata dell’Ukip ((United Kingdom Independence Party) che nei sondaggi cresce in maniera esponenziale: il partito di Farage potrebbe, infatti, essere la rivelazione delle europee. L’Ukip, fondato nel 1993, ha nove deputati al Parlamento europeo ed è presente in diversi consigli di contea, ma non ha nessun deputato al Westminster. Il partito ruota attorno alla figura di Nigel Farage. Per il Financial Times, nell’era dei politici fatti con lo stampino, Farage si distingue come una figura eccentrica grazie alla sua passione per gli abiti gessati, le conversazioni da golf-club e le pinte di birra al pub. Ma è anche un leader estremamente efficace. Per il quotidiano inglese, Farage ha avuto il merito di trasformare un partito ossessionato dall’Ue in una forza politica con un messaggio più ampio e articolato. Ha avuto l’abilità di saper collegare l’euroscetticismo all’ostilità diffusa in alcune zone nei confronti dell’immigrazione e si è fatto portavoce dell’astio nutrito dalla classe operaia verso l’establishment. È chiaro che per fermare un personaggio così ci vuole ben altro che il disprezzo di Cameron e della sinistra. La politica inglese sta attraversando un periodo di grande trambusto e di certo pesa anche il prossimo referendum sull’indipendenza della Scozia e la possibilità di un voto sull’Ue nel 2017. Argomenti che fanno tutti gioco a Farage.

Ma ora gli occhi sono puntati sulle europee. Un anno fa alle elezioni locali l’Ukip aveva ottenuto  oltre il 25% di preferenze (147 rappresentati eletti nel rinnovo di 34 amministrazioni locali in Inghilterra e una in Galles) in alcuni casi imponendosi come secondo partito e relegando a un umiliante terzo posto il partito conservatore. Ma quest’anno la situazione appare ancora più preoccupante per Tory e Labour: il partito di Nigel Farage sta infatti erodendo consensi non solo ai conservatori ma anche alla sinistra delusa. E malgrado gli esperti continuino a minimizzare e parlare di una fuga “momentanea” dell’elettorato di sinistra verso l’Ukip, i dati sono allarmanti e mostrano chiaramente come stia cambiando la matematica elettorale inglese. Tant’è che per evitare l’emorragia e ridare nuovo smalto al partito, i Labour si sono affidati allo stratega di Barack Obama, David Axelrod. Ma più che il guru americano, alla sinistra basterebbe capire che in diverse parti del Paese l’Ukip si presenta come il partito della classe operaia e trova consensi.

David Cameron, dal canto suo, mette mette una “ipoteca” politica sul suo secondo mandato da premier e afferma: «Non diventerò primo ministro se non posso garantire che terremo un referendum dentro o fuori dall’Ue». Ma per “combattere” un leader come Farage non bastano i restyling di facciata e i proclami, i partiti tradizionali devono attrezzarsi e trovare contromisure più convincenti.

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