Alla Camera il ricordo di Almirante, dall’amore per la Patria al sogno di una nuova Repubblica
Sugli schermi ai lati del tavolo dei relatori, passano le foto. Primi piani, mezzi busti, il dettaglio degli occhi. Su una c’è scritto qualcosa: “Almirante, l’arcitaliano”. Quella didascalia è anche il titolo di un documentario realizzato qualche tempo fa da Massimo Magliaro, che fu l’inseparabile capo ufficio stampa del segretario del Msi. Oggi, quella didascalia, è anche il titolo più autentico per il convegno che la Fondazione Giorgio Almirante, insieme alla Fondazione Alleanza Nazionale, ha organizzato alla Camera per il centenario della nascita del leader storico della destra italiana. Ufficialmente l’argomento della giornata doveva essere “Almirante e le riforme istituzionali” e, certo, anche di questo non si è mancato di parlare. Se ne è occupato soprattutto il professor Paolo Armaroli, che ha ripercorso quanto e come nella sua lunghissima carriera parlamentare Almirante abbia saputo anticipare temi che, ancora oggi, sono di strettissima attualità. Uno su tutti: il presidenzialismo. «La madre di tutte le battaglie istituzionali per Almirante è stata la Repubblica presidenziale», ha ricordato Armaroli, che, oltre a essere stato ordinario di Diritto pubblico comparato a Genova, è stato anche deputato di An.
Più che il ricordo delle singole battaglie per le riforme, però, negli interventi dei vari relatori ha preso il sopravvento la ricostruzione della cornice in cui quelle battaglie si inserivano: quel radicato senso dello Stato che, in ultima istanza, trovava le sue ragioni nell’amore che il segretario del Msi aveva per l’Italia e per gli italiani. Ha preso il sopravvento, insomma, il ricordo di quell’Almirante “arcitaliano” che tutta la vita ha combattuto perché la sua gente si ritrovasse popolo e il suo Paese fosse finalmente Patria. Da qui, da questa coerenza, da questo senso profondo dell’esistenza di un bene superiore è derivato anche quel reciproco rispetto con gli avversari che tutti i relatori hanno ricordato e che è stato sottolineato anche nella lettera che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato a Donna Assunta, in qualità di presidente della Fondazione Almirante, e che dal palco è stata letta dalla figlia Giuliana de’ Medici, segretario della Fondazione.
«Giorgio Almirante è stato prima di tutto un grande italiano», ha sottolineato anche il presidente della Fondazione An, Franco Mugnai, che ha ricordato i difficili anni di piombo e il fatto che «da parte sua non ci furono mai parole d’odio, ci furono solo parole di amore per le vittime». «La sua opera è stata fondamentale per farci sentire un comune collante, per farci sentire tutti parte di una comunità nazionale», ha proseguito Mugnai, accennando ai suoi ricordi personali di giovane militante del Msi. Memorie personali e cronaca politica, che ormai si è fatta storia, anche per Magliaro, che ha ricordato le centinaia di migliaia di preferenze prese alle due elezioni europee cui Almirante partecipò, perché il segretario del Msi «aveva il consenso della gente». Si tratta di numeri impressionanti come le oltre 500mila preferenze raccolte al Sud in entrambe le occasioni, nel 1979 e nel 1984. «Nel 1947, non ancora alla Camera, per l’elezione di Rebecchini a sindaco di Roma, la questura lo deferì alla commissione provinciale per il confino, quale elemento pericoloso per l’esercizio delle attività democratiche», ha ricordato Magliaro, dando la misura esatta di quanto in salita possa essere stata la strada della riconciliazione che Almirante seppe percorrere fino a ritrovarsi – altri episodi di vita raccontati dal suo addetto stampa – al fianco dell’ex partigiano e capo del Cln Giancarlo Pajetta, in una cena a Bruxelles. «A Franco Franchi che alla Camera gli chiese “quello è Pajetta?” rispose “sì, e devi sempre rispettarlo, è stato un grande combattente», ha raccontato Magliaro, ricordando poi gli applausi ricevuti da Almirante quando si recò a Botteghe oscure a rendere omaggio alla salma di Enrico Berlinguer. «Per quattro volte – ha raccontato Magliaro – lo vidi parlare con Berlinguer, al quarto piano della Camera, di venerdì, quando non c’era nessuno. Non so cosa si dicessero, ma immagino che cercassero il modo per evitare che venisse gettata altra benzina sul fuoco».
Enzo Iacopino, che ha moderato l’incontro, ha parlato di Almirante come di «un amico, un fratello, anche un papà per tutti noi». In platea c’erano, tra i molti ospiti, diverse generazioni di dirigenti della destra italiana, dal Msi ad An. «Amici cari, fraterni, mi sia consentito di dire anche “camerati”», li ha chiamati Gennaro Malgieri. L’ex direttore del Secolo d’Italia ha svolto un intervento declinato sullo straordinario impegno parlamentare di Almirante, raccolto in cinque volumi di cui ha curato l’edizione, ma prima si è concesso un passaggio sul perché il convegno per lui fosse «teneramente emotivo». «Provo sconcerto, perplessità, un personale dolore nel pensare di ricordare il centenario di Almirante, qui, alla Camera, davanti alla creatura che ha impegnato la sua vita e che ora non c’è più, li provo per questa eredità così malamente dispersa», ha sottolineato Malgieri, riscuotendo l’applauso di una platea che, comunque, nel ricordo del proprio leader storico ha saputo riunirsi e riconoscersi ancora una volta.