Fini al Tempo: «Torno in politica, ma non voglio fare un altro partito…»

6 Giu 2014 12:45 - di Redazione

Conferma di voler ritornare in politica ma di non voler creare nuovi partiti. E spiega di ambire ad un ruolo di allenatore della nuova destra. Gianfranco Fini in un’intervista a Il Tempo chiarisce quali sono le sue prossime mosse. «Parto da un dato di fatto innegabile – dice – Mai come in questo momento il centrodestra appare deludente agli occhi di milioni di connazionali che alle ultime elezioni, nel 2013 e nel 2014, non l’hanno più votato. Significa che i soggetti politici in campo – Forza Italia, Lega, Ncd, FdI – sono ritenuti inadeguati». Il suo obiettivo, spiega, non è quello di creare un nuovo partito, «ho intenzione di promuovere delle assemblee – la prima proprio a Roma il 28 di questo mese – rivolgendomi a questi elettori delusi per chiedere loro quali idee hanno per ricostruire il centrodestra. Lo slogan sarà “L’Italia che vorresti. Partecipa. Le tue idee per una destra che non c’è”. Il mio compito sarà quello di indicare alcuni spunti per il dibattito e poi ascoltare per capire se si può ricostruire un centrodestra che abbia valori condivisi e proposte convincenti. Non sta in piedi un’alleanza contro qualcuno – Renzi o Grillo – se non si è capaci di costruire un’intesa basata su valori comuni. È difficile recuperare voti se si mette insieme chi sta nel Ppe e chi vuole uscire dall’euro, chi sostiene Renzi e chi lo contrasta, chi dice che le riforme costituzionali in cantiere vanno bene e chi le boccia. Una sommatoria aritmetica non porta da nessuna parte. Il mio tentativo si basa non su primarie per la leadership. Semmai penso a primarie per il programma». Senza un leader come Renzi, gli chiede il giornalista del Tempo Carlantonio Solimene, questo tentativo non rischia di essere velleitario? «Velleitario no, magari sarà preparatorio», risponde Fini. «Siccome – prosegue – mancano anni al voto, la ricerca del leader oggi rischia di essere sterile. Allora partiamo da quello che è possibile fare, da un minimo comun denominatore. Anche con un riferimento valoriale di destra, altrimenti i programmi rischiano di assomigliarsi tutti. Aggiungo che oggi il centrodestra, a differenza della sinistra, deve impegnarsi anche nel rinnovamento della classe dirigente. Io porrò al centro del dibattito i criteri meritocratici e il modo in cui si forma la classe dirigente. Io stesso non mi considero un uomo per tutte le stagioni, semmai vorrei fare l’allenatore di una nuova squadra». Smentisce che il suo tentativo si incrocerà con Ncd e col partito di Passera: «Se sono intellettualmente onesti, dopo che avranno visto le modalità di svolgimento delle assemblee, capiranno che non mi rivolgo al ceto politico, ma a quegli elettori delusi da tutto il centrodestra». Non mancano i riferimenti al suo passato in An. Il giornalista lo incalza e gli fa osservare che molti gli muovono l’accusa di aver gestito in maniera autoritaria An: la stessa accusa che lui muoveva a Berlusconi. «Se lei va a vedersi la collezione del Tempo troverà almeno un centinaio di interminabili assemblee di An con documenti e votazioni. Il paradosso – puntualizza  – è che alcuni di quelli che oggi sostengono la tesi della mancata democrazia, i cosiddetti colonnelli, erano i primi che si mettevano d’accordo – anche con me, per carità – e precostituivano quello che sarebbe stato l’esito del dibattito. Tutto si può dire tranne che siano mancati confronti aspri e trasparenti».

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