Il caso Salvini: l’altro Matteo, lanciatissimo nei sondaggi, pensa davvero di poter essere il “rifondatore” del centrodestra

7 Giu 2014 10:38 - di Renato Berio

Salvini è l’altro Matteo. Quello che dà speranza all’area del centrodestra. Non ai cosiddetti moderati, certo. Ma a tutti gli altri sotto sotto piace. E’ giovane, mentre Berlusconi è sul viale del tramonto. È diretto e non le manda a dire. Si propone come leader al di là della destra e della sinistra ma si è preso i voti della destra radicale rimasticando le parole d’ordine di Alain de Benoist e dichiarando guerra (a parole) al club Bilderberg. Forza Italia guarda a lui (anche per ridimensionare Raffaele Fitto) e forse si sta creando un asse con Toti e Gelmini. Salvini ci comincia a credere. Ha capito che in tempi di crisi può soffiare sul disagio (referendum sulla legge Fornero) e prendersi anche i voti della sinistra come ha fatto Marine Le Pen. Può chiedere vigilanza ai confini contro i clandestini e prendersi i voti di chi vuole sicurezza e regole per gli immigrati. Il terreno del centrodestra è prateria fertile per la Lega rinnovata (non si sa quanto, però, visto che a Strasburgo ha mandato una vecchia conoscenza come Mario Borghezio,  ex giovane ordinovista supportato da CasaPound).

Salvini ci crede che può essere lui il leader di riferimento al punto che lunedì lancerà la sua proposta per riunificare il centrodestra sulla base di una “carta dei valori” ben precisa e alternativa alla sinistra: difesa della famiglia tradizionale, regolamentazione della prostituzione, reintroduzione del reato di immigrazione clandestina, riduzione delle tasse, diffidenza verso l’Islam e poi basta con le vecchie sigle. Berlusconi gli dà corda, ha bisogno di rinnovare il patto con la Lega al Nord e del resto l’altro Matteo ha il vento dei sondaggi (per quel che valgono ancora) dalla sua parte: nel gradimento degli italiani Salvini ha superato il Cavaliere, un sorpasso che fa pensare. Dal populismo imprenditoriale al populismo verace. Il Cavaliere gli dà corda al punto da fingere di ascoltare i suoi consigli sul Milan: “Vorrei – dice l’altro Matteo – una squadra con meno stranieri”. Domenica si vedrà quanto è capace di sfondare la Lega, si vedrà se funziona il “modello Bergamo” invocato dal cavaliere come soluzione per rifondare un centrodestra ferito dai risultati delle europee. La Padania fa l’elenco dei ballottaggi chiave al Nord: oltre a Bergamo Pavia, Verbania, Padova e Vercelli. E’ su quel territorio che l’alleanza verde-azzurra sarà rinsaldata in vista della riconquista di Milano. Del resto al centro è forte Fratelli d’Italia, che Salvini vede come soggetto concorrenziale: stesse tematiche, ma declinate con meno compiacimento politicamente scorretto. E poi il partito di Giorgia Meloni cavalca il patriottismo del terzo Millennio, bandiera difficile da innalzare per chi ha una storia secessionista alle spalle. I due si sono visti e si sono studiati, ma è il dialogo con Forza Italia che procede più speditamente (Salvini soffre il confronto con la tradizione ideologica della destra nazionalista).

Salvini ci crede, però, al punto da trattare da pari a pari con Papa Francesco. Per nulla spaventato dalla popolarità e dall’autorevolezza del personaggio, dalla sua pagina Fb lo “rimprovera” per la comprensione mostrata verso gli immigrati, e non prende bene l’annotazione pontificia sugli zingari che non vanno disprezzati sugli autobus. Forse spera in una telefonata da Santa Marta. In quel caso, forse pensa, sarebbe la svolta. Incoronato sulla strada della rinascita leghista. Una specie di suor Cristina dei padani, dei nordisti, dei postfascisti e dei postberlusconiani.

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