Il Csm si sveglia, censura Bruti Liberati e invia gli atti al Pg per valutare l’azione disciplinare

10 Giu 2014 17:34 - di Redazione

Rischia grosso il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Dopo tanti tentennamenti e resistenze, il Csm ha deciso di prendere posizione nello scontro che si sta consumando pubblicamente fra il capo dell’ufficio e il suo aggiunto, Alfredo Robledo scuotendo dalle fondamenta il palazzo di mani Pulite. La Settima Commissione del Consiglio Superiore della magistratura ha approvato a maggioranza una proposta da portare al Plenum dell’organismo di palazzo dei Marescialli nella quale stigmatizza il comportamento del procuratore Bruti Liberati e le sue procedure interne all’ufficio sottolineando che doveva motivare le ragioni per cui assegnò il coordinamento dell’inchiesta Ruby a Ilda Boccassini. E questo anche per «scongiurare qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica di indagini delicate» su Silvio Berlusconi. Ma così non fu. Provocando la reazione del suo aggiunto Alfredo Robledo che ha deciso di portare questa come altre problematiche all’attenzione del Consiglio Superiore della Magistratura. Le conseguenze della decisione della Settima Commissione saranno pesanti per Bruti Liberati visto che i membri del Csm hanno sollecitato, in tal senso, il vaglio dei titolari dell’azione disciplinare trasmettendo, quindi, gli atti al Procuratore generale Ciani. Il quale potrebbe decidere per un’azione disciplinare. Ci voleva, dice la maggioranza della Settima Commissione del Csm nel suo documento, un «formale coinvolgimento» di Alfredo Robledo nel Ruby bis e nel Ruby ter. La prassi per cui furono assegnati al pm Pietro Forno, che già si era occupato del processo principale, «pur condivisibile, non si pone in linea» con i criteri organizzativi della procura. Per questo la Settima Commissione del Csm sollecita il vaglio dei titolari dell’azione disciplinare.
L’assegnazione dell’inchiesta Ruby al procuratore aggiunto Ilda Boccassini, «avvenuta nella prima fase solo verbalmente», è stata «confermata con un provvedimento formale» da parte di Bruti Liberati, ma «privo di motivazione della cui opportunità (se non addirittura necessità) non può dubitarsi», scrivono i membri del Csm aprendo la strada a un possibile trasferimento dell’alto magistrato.
Fra le contestazioni avanzate dalla Settima Commissione anche«la mancanza di una precisa disciplina relativa all’assegnazione» dei fascicoli ai vari dipartimenti della Procura, guidati dai procuratori aggiunti. Non solo. L’organo di autogoverno della magistratura ha sottolineato il «mancato aggiornamento» da parte di Bruti del progetto ereditato da Minale: in questo modo, il procuratore avrebbe « lasciato prosperare prassi disomogenee». Il primo caso rimarcato dalla Commissione è il «trascinamento» di un’indagine, avvenuta sia con il caso Ruby sia con l’inchiesta sul San Raffaele, da un pool a un altro, a causa del trasferimento del pm titolare. «Una chiara disciplina dei poteri e degli obblighi dei procuratori aggiunti — ha osservato ancora la Commissione — avrebbe consentito di definire meglio le modalità di coordinamento, in particolare con il II Dipartimento in entrambi i casi omesso, in contrasto con i criteri organizzativi che definiscono le competenze specialistiche».

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