Ma com’è strana questa Europa, con la Merkel che mette tutti in riga…

21 Giu 2014 17:14 - di Mario Aldo Stilton

Dunque, ricapitoliamo. Non è vero che nell’Unione comandi solo la Germania. Nossignori. Comanda solo la Merkel. E tutto questo potere un po’ se lo è preso lei, un po’ glielo hanno ceduto gli altri. Anzitutto l’incompetenza e l’incapacità degli altri. Quelli che comunemente si chiamano, che vengono indicati come i partner europei, gli Stati membri. Il che, a pensarci, non solo è illogico, ma persino grottesco. Così, dopo il turno elettorale dello scorso 25 maggio, dopo la sbornia filorenziana in casa nostra (ancora non smaltita), con l’emergere di un fronte europeo del dissenso variegato e diviso, ma piuttosto forte, torniamo a scoprire l’acqua calda. Ovvero che le nomine negli organismi di questo agglomerato sovranazionale li decide Berlino. E a Berlino, la Cancelliera. Ma guarda un po’. Merkel che nel giro di qualche giorno, guardando la cartina del Continente, come forse il solo Fuerer fece, ha messo tutti a tavola zitti e contenti, imponendo alla presidenza della Commissione il suo ufficiale di collegamento lussemburghese, ma di chiare origini, Juncker, alla guida dell’Europarlamento il connazionale socialista Schulz e per un posto di rilievo tra i commissari la socialista danese Thorning-Schmidt, il cui cognome non dà adito a dubbi. Decisione presa, comunicata e resa subito esecutiva. Con tanti saluti ai ventotto paesi, agli altrettanti premier, agli schieramenti di sinistra e centrodestra e ai rispettivi eletti dai rispettivi popoli. Naturalmente gli altri, i sudditi,  si sono prontamente accodati e, anzi, hanno subito giudicato positivamente il diktat inneggiando al raggiunto accordo. Come ha subito fatto quella faccina di cera liquefatta di Hollande dal summit parigino del Pse. E come pure il nostro caro Matteo, che lasciando l’incontro, ha fatto sapere che «è andata molto bene». Che tradotto significa, ho detto si alla Cancelliera perché lei sia meno inflessibile con i conti dell’Italia. Mah, vedremo. Nel frattempo godiamoci questa Europa. Perché ci avevano spiegato – con dovizia di particolari e altrettanta sicumera – che questa costruzione con tanto di costituzione, questa Unione voluta da pochi e sottaciuta ai popoli, sarebbe stata paritaria e benefica per tutti. Uno per uno. L’Eden in terra, o quasi. Invece, ci siamo trovati a fare i conti con una moneta unica che ad alcuni è costata il doppio di altri, senza che questi altri (noi, per esempio) abbiano potuto mettere in comune il debito. Ci siamo trovati a subire (sempre) decisioni penalizzati e spesso incomprensibili se non folli. E ad affrontare una crisi economica che sta ancora producendo miseria  e impaurendo tutti. Tutti quei popoli che avrebbero e magari ancora vorrebbero vivere insieme, partecipare, condividere e anche costruire questa nuova identità. Tutti tranne uno. Quello che più produce al suo interno . Quello che più esporta all’esterno. Quello che più protegge i suoi. Quello che più si espande. Quello che comanda.

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