Nichilismo addio, in Nietzsche anche la felicità: Del Ninno spiega l’ultimo libro di Onfray

30 Giu 2014 15:37 - di Ginevra Sorrentino

Formazione risolutamente materialista. Una filosofia di vita che oscilla tra un’ideale di politica libertaria e la concezione di un’arte del vivere edonista fondata sull’esistenza reale. La convinzione di un sapere svincolato dai legacci metafisici. Così, muovendosi sul terreno disseminato di insidie culturali della interpretazione ideologica, il filosofo francese Michel Onfray, da tempo al lavoro sulla sua controstoria della filosofia – arrivata al volume VII – dopo Schopenhauer, Thoreau, Stirner, con Nietzsche e la costruzione del superuomo (appena uscito per i tipi di Ponte alle Grazie, pp.308, 26 euro), stila un ritratto del filosofo tedesco in parte inedito e, soprattutto, stigmatizzato sulle connotazioni e coloriture della sua impostazione etica ed estetica. Di Nietzsche, allora, Onfray condivide la rivolta dionisiaca: ma per il resto è rivisitazione allo stato puro. Ne abbiamo parlato con lo scrittore e giornalista, studioso esperto della materia nietzschiana in particolare, Giuseppe Del Ninno.

E allora, è d’accordo con il profilo redatto da Onfray sul filosofo, poeta e filologo tedesco del Novecento?

Diciamo che questa sua rilettura non sorpende e non spiazza più di tanto. La corrente di pensiero a cui il filosofo francese si iscrive fa riferimento a una scuola che viene da lontano: dalla cultura pagana. Dalla cultura greco-romana. Una cultura, insomma, che trova nell’epicureismo il vertice della sua riflessione.

Ma l’epicureismo non è forse una delle dottrine filosofiche malintese nella storia del pensiero?

La dimostrazione di quanto sia fraintesa è pressoché quotidiana: basti pensare che, anche nel linguaggio corrente quando si vuole dare una definizione di “epicureo”, si punta sulla descrizione di una persona esclusivamente dedita alla ricerca del piacere: partendo da questo equivoco di base, invece, Onfray spiega bene come questo non sia vero. E, andando oltre il facile gioco delle etichette, arriva a cogliere questo aspetto in Nietzsche che è, a sua volta, un giacimento ideologico ricchissimo nel quale è possibile trovare una enorme varietà di interpretazioni culturali, di concetti etici, di innovazioni speculative. Quindi l’interpretazione che Onfray dà di Nieztsche è legittima: è una di quelle possibili. Del resto, va considerato che Nietzsche è stato spesso usato come punto di riferimento per le scuole di pensiero più disparate e contraddittorie: c’è addirittura un’accezione cristiana del filosofo tedesco, così come c’è invece una sua lettura ferocemente anti-cristiana (che è per la verità la più nota, e in qualche modo la più accreditata).

Un fraintendimento mirato?

Mirato o meno, resta il fatto che Nietzsche nello scagliarsi, per la verità non tanto contro il cristianesimo, quanto contro i tre monoteismi, sottolinea come la fede in un solo Dio neghi tutto quello che fa riferimento al desiderio, alle pulsioni, alle passioni, alla sensualità. Però, all’interno di questo mondo (che poi è quello a cui guarda Onfray, tanto da essere erroneamente e genericamente etichettato come filosofo “libertario”), la libertà si connota come il valore che consente all’oltreuomo (quello che nel linguaggio evoliano verrà chiamato “l’uomo differenziato”), l’esplicazione della libertà personale.

Dunque parliamo di una parentela filosofica, o meglio, di un debito ideologico di Evola nei confronti di Nietzsche?

Certamente. E di più: parliamo di quella legge che l’uomo differenziato dà a se stesso, e nella quale solo c’è l’espletazione della libertà personale: che non è fare quello che mi pare, ma corrisponde a fare ciò che la mia legge – fatta di ethos, sì, ma anche di pulsioni e di desideri – mi suggerisce. E questo è l’assioma di base che guida gli studi e gli scritti di Onfray: a suggello di un filo rosso che lega Epicuro, Nietzsche, Evola e Onfray stesso, e che passa attraverso il rifiuto del pietismo tipico delle religioni monoteiste. Un pietismo che, non a caso, ha fatto parlare di “religione degli schiavi”, ossia di coloro i quali sono soggetti al determinismo, alla legge immutabile dell’Universo. Ora invece Onfray – e i suoi maestri cui abbiamo fatto riferimento – dicono che è vero che esiste una legge che è meccanica, deterministica, inderogabile; ma aggiungono – discostandosi – che per l’uomo che si cimenta con questa legge c’è anche la libertà – non di sottrarsi: e del resto lo stesso Onfray bolla come puramente utopistica la possibilità di sottrarsi alla sofferenza, per esempio – ma di coglierne il meglio: cioè di utilizzarla come strumento per la propria realizzazione.

E non è nuovo questo approccio?

No. Nuovo no, ma decisamente articolato nella misura in cui enuclea ed evidenzia parecchi punti di contatto tra Nietzsche, Heidegger e Evola di cui Onfray non parla: non so se perché non lo conosca a fondo, o se perché, anche in Francia, c’è un interdetto sul nome dello studioso ed esoterico italiano. Ma questa è un’altra storia…

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