Non ci riconosciamo in questa Italia senz’anima. La destra abbia uno scatto d’orgoglio
Bisogna avere il coraggio di dire che in questa Italia è difficile riconoscersi, senza la paura di essere equivocati. Non è l’Italia controversa della prima repubblica e non è quella della grande speranza di riscatto, nata subito dopo la stagione di Tangentopoli. Viviamo in un Paese mortificato, deluso, disfattista, con una classe dirigente non all’altezza della situazione e con una protesta da cabaret, guidata da un ex comico. Ma non riconoscersi in questa Italia non significa allinearsi a chi dice che è inutile impegnarsi perché tanto «sono tutti uguali», ai discorsi da bar, ai ragionamenti grillini. Significa invece non accettare che a Roma si dedichi in modo trionfalistico una strada a Enrico Berlinguer, che comunque fu un leader legato al comunismo sovietico, mentre se solo si propone di intitolarne una a Giorgio Almirante scoppia l’inferno, con tutti gli avvoltoi dell’antifascismo militante a volteggiare sullo scandalo. Eppure tutti sono consapevoli che Almirante è stato uno dei più grandi personaggi della storia del Novecento. Non riconoscersi in questa Italia significa non accettare – e lo diciamo con rispetto – che si dedichi un’aula del Parlamento a Carlo Giuliani, ucciso mentre tentava l’assalto ai carabinieri, mentre c’è un sindaco di sinistra che si rifiuta di portare un fiore ad Acca Larenzia con la scusa di «non gradire» la targa in memoria dei tre giovani che persero la vita in una delle giornate più tragiche degli anni di piombo, “giustiziati” solo perché erano di destra. Ignazio Marino, con quel vergognoso rifiuto, ha retrocesso il Paese, scrivendo l’ennesima pagina di odio. E l’ha fatto in modo consapevole e quindi più grave. Viviamo in un’Italia che non sa rispettare la sua storia, la sua tradizione, la sua cultura, il suo essere culla di civiltà, un’Italia in cui è “vietato” persino di parlare di identità nazionale, perché è un segnale di intolleranza. Ed è vietato protestare per la presenza di un campo nomadi perché è un segnale di razzismo. E’ un’Italia in cui si colpevolizza un artista libero, come Simone Cristicchi, perché ha osato dire la verità sulla tragedia delle foibe. Non si può parlare, non si può discutere, la libertà di pensiero è stata sacrificata sull’altare del “politicamente corretto”, le cui regole sono state imposte da una sinistra chiusa nella sua incapacità di crescere. Ma questo stato di ipnosi politica è destinato a finire, com’è sempre accaduto nella storia del nostro Paese. Ed è la destra ad essere chiamata a uno scatto d’orgoglio. Non per sé ma per tutti.