Pos obbligatorio, il centrodestra: «È una furbata, ne faranno le spese le aziende e i cittadini»

30 Giu 2014 18:57 - di Guglielmo Federici

Che sia un antennista, un falegname, un idraulico, una parrucchiera o uno studio dentistico associato, poco importa, da oggi le imprese e i lavoratori autonomi sono tenuti ad accettare i pagamenti superiori ai 30 euro attraverso le carte di debito, ovvero dovrà  dotarsi di un point of sale, il cosiddetto Pos, dispositivo che permette di effettuare un pagamento con bancomat e carta di credito. È subito polemica su un provvedimento che «costerà 5 miliardi alle imprese», calcola Confesercenti, e «1.200 euro in più all’anno tra canone mensile, annuale e percentuale di commissione sull’incasso», aggiunge la Cgia di Mestre prendendo a riferimento un’azienda con 100mila euro di ricavi l’anno. Chi ha voluto questa legge  ha idea di quali costi dovranno sostenere queste aziende? In sostanza, si tratta di un regalo alle banche. Chiama le cose per nome il presidente di FdI-An, Giorgia Meloni che argomenta che «se il governo, insieme all’obbligo del Pos, avesse previsto anche la gratuità dei servizi bancari, ci troveremmo di fronte ad un provvedimento anche comprensibile. Ma purtroppo non è così. L’esecutivo, invece, tenta di spacciare l’ennesimo regalo alle banche come una norma per combattere l’evasione fiscale, peraltro accanendosi sulle imprese e sui lavoratori autonomi», attacca la Meloni. « A questo punto Renzi ci dica chiaramente quanto vuole destinare ogni anno alle banche invece di piazzare continuamente marchette e favori».

«L’Italia non è ancora pronta per l’obbligatorietà del Pos», incalza Fabio Rampelli. «L’utilizzo del bancomat e delle carte di credito è da noi tra i più bassi in Europa, forse anche a causa dell’eccessivo costo dei servizi bancari che sono tra i più alti in area euro. Crediamo sia necessario prorogare ulteriormente l’entrata in vigore dell’obbligatorietà fino a che le banche non rendano gratuito il servizio».  Argomenta ancora il parlamentaredi FdI: «Se la ragione è nobile, quella cioè di combattere l’evasione fiscale, perché mai  banche, poste e tutti gli altri prestatori di servizi di pagamento elettronici dovrebbero trarne un vantaggio economico a scapito della collettività?, si chiede, aggiungendo che «a fronte di una pletora di misure per stanare un 10% di piccoli evasori, continuano a latitare interventi seri per recuperare la grande evasione». Anche Guido Crosetto individua il punto dolente del provvedimento: «Nel caso in cui si voglia comunque considerare la moneta elettronica come uno strumento necessario – spiega il coordinatorenazionale di FdI – è indispensabile escludere ogni tipo di costo aggiuntivo per cittadini e imprese, sia per il possesso che per l’utilizzo di tutti gli strumenti necessari – carte, bancomat, apparecchi, ecc. – per effettuare questo tipo di operazioni. L’unica alternativa valida alla gratuità è la detrazione totale di ogni costo dalla dichiarazione dei redditi». Tutto il centrodestra, dalla Lega a Forza Italia, parla di «ennesimo smacco alle categorie produttive, lasciate sole di fronte a un adempimento che per altro non prevede sanzione a chi non si adegua»,  sostiene Sandra Savino di Fi. Con il risultato – prosegue la parlamentare – «della più totale incertezza sia per i consumatori che per gli operatori». Il Nuovo Centrodestra invita il governo a negoziare con il sistema creditizio la gratuità della moneta elettronica, eliminando il costo di transazione dei Pos. Lo scambio può riguardare da un lato gli incentivi all’uso dei pagamenti elettronici e dall’altro il risparmio per le banche degli oneri di gestione del contante che nel complesso superano ancora i 10 miliardi. Oggi insomma la banca guadagna due volte, in termini di entrate da servizio e di minori costi di gestione. Ne basta una», scrive in una nota il senatore di Ncd, Maurizio Sacconi.

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