Riforme, è polemica sull’immunità dei senatori: Lega e minoranza Pd puntano i piedi
Non c’è pace per il Pd di Renzi, neanche per una faccenda che sembrava risolta come la riforma costituzionale, dopo che la “quadra” era stata trovata con l’accordo tra Pd, FI e Lega. Neanche il tempo di annuncare l’accordo che già scoppia la prima grana: è sull’immunità dei senatori, non più eletti direttamente dai cittadini ma dai Consigli regionali (saranno 100 in tutto: 74 scelti tra i consiglieri, 21 tra i sindaci, 5 designati dal Presidenti). Il fatto che non potranno essere arrestati, intercettati o perquisiti senza l’autorizzazione delal Camera di appartenenza non va giù al vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, che pure è correlatore al testo sulle riforme all’esame di Palazzo Madama. L’esponenete leghista spara ad alzo zero sulla proposta: «Se suscita perplessità il fatto che deputati e senatori abbiano la medesima forma di immunità allora come relatore mi sento di fare una proposta e di verificare l’eventuale condivisione: togliamo l’immunità sia a deputati che a senatori. Tutti siano trattati come cittadini comuni». A nulla è valso il tentativo del ministro Boschi di minimizzare la questione: «È una proposta dei relatori vedremo che accadrà in seguito».
Coglie la palla al balzo l’ex competitore di Renzi per la segreteria del Pd, Pippo Civati, che prova anch’egli a dare fuoco alla polveri: «L’immunità per i senatori prevista dagli emendamenti dei relatori al ddl sulle riforme istituzionali e sul nuovo senato comporterebbe che un sindaco nei confronti del quale si procedesse per fatti commessi durante il suo mandato amministrativo (tristemente noti) potrebbe usufruire, in quanto senatore, delle immunità di cui all’articolo 68 (commi 2 e 3). Non proprio un aiuto al contrasto ai numerosi episodi di corruzione cui purtroppo assistiamo (anche) a livello locale». Se il buongiorno si vede dal mattino, non si direbbe proprio che la proposta di riforma costituzionale sia destinata a una navigazione tanto serena.