Spaghetti alle vongole e riforme: tra pranzi e cene si decide la linea (politica) del premier
Lo chiamano pranzo di lavoro. È un modo comodo per non entrare nei particolari, per dare un senso di tranquillità, per parlare a quattr’occhi senza poi dover dire nulla. O magari concordare quel che deve trapelare sulla stampa. Ma ora le cene e i pranzi del premier con il presidente della Repubblica si stanno moltiplicando, si succedono l’uno dopo l’altro, manca solo la pausa colazione. Il che fa sorgere qualche sospetto, visto che siamo alla vigilia di importanti scelte, a partire dalla legge elettorale, dal come farla al con chi farla. Renzi è stato la sera prima al Quirinale e il giorno dopo a pranzo, sempre al Quirinale, una frequentazione quantomeno inusuale. «Ha ricevuto una benedizione», ha scritto il Mattinale. «Nap0litano lo ha confermato nel suo compito salvifico di riformatore». Ma questo che cosa c’entra con il ruolo di garanzia? «Non è scritto da nessuna parte che il presidente della Repubblica, espressione dell’unità della nazione, poi debba sposarne una parte sola, e per di più con esibizione pubblica di amore unico e strombazzato». Del resto c’era da aspettarselo perché il quadro è mutato rispetto a qualche giorno fa, cruciale è stata la bandiera bianca esposta per la prima volta da Grillo che, cogliendo al volo i risultati delle europee, ha improvvisamente sancito che Renzi ha piena legittimità di essere premier. Non è più un usurpatore, secondo il leader dei Cinquestelle. Una furbata, quella di Grillo, che sa benissimo che il voto alle europee è diverso da quello delle politiche e che in ballo non c’era l’elezione dell’inquilino di Palazzo Chigi. Però le cose stanno così, Grillo si è piegato. Un po’ frastornato dalla delusione elettorale, ha voluto dare una sterzata alla politica dei suoi. Per la prima volta si è consegnato al nemico. E Renzi ora si trova davanti a una scelta: continuare sulla strada intrapresa mantenendo gli impegni oppure virare sui Cinquestelle. Ecco perché – secondo molti esponenti politici – è in continua consultazione con il Quirinale. Un atteggiamento che ha infastidito anche gli intellettuali vicini all’ex comico: «Renzi è andato a prendere ordini da Re Giorgio e voi potete bene immaginare che al Re il democratellum, già di nome, non piace», ha scritto il professore Paolo Becchi su twitter. Cene e pranzi sono stati un errore. Di Renzi, perché dà l’idea di pensare più alla strategia e al tornaconto politico-personale che ai contenuti. Di Napolitano perché si espone alle critiche sul suo ruolo poco super partes. Rinunciare a qualche pranzo, forse, sarebbe opportuno. Anche per motivi di linea. Politica, s’intende.