
Tangenti per il Mose di Venezia: trentacinque in carcere, fra cui il sindaco di centrosinistra Orsoni
Politica - di Sandro Forte - 4 Giugno 2014 - AGGIORNATO 4 Giugno 2014 alle 12:48
Un vero e proprio terremoto giudiziario ha investito la città sulla laguna: il sindaco Giorgio Orsoni, del centrosinistra, è finito in manette con le accuse di corruzione, concussione e riciclaggio. Con lui sono finiti in carcere altre 34 persone, un centinaio gli indagati. Tra gli arrestati anche il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo, nonché il generale in pensione Emilio Spaziante e l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, di Forza Italia. Una richiesta di arresto è stata formulata per il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan (essendo parlamentare, gli atti dovranno essere tramessi al Senato), coinvolto per il periodo in cui è stato presidente della Regione Veneto. L’inchiesta è quella della Procura di Venezia sugli appalti per il Mose e sull’ex amministratore delegato della Mantovani Giorgio Baita, già colpito da un provvedimento di custodia cautelare lo scorso febbraio. Il blitz è stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Venezia nell’ambito dell’inchiesta avviata tre anni fa. I pm della Dda Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino avevano scoperto che l’ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson, aveva distratto dei fondi relativi al Mose, le opere di salvaguardia per Venezia, in una serie di fondi neri all’estero. Il denaro, secondo l’accusa, veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc. Nell’ambito dell’inchiesta le Fiamme Gialle avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d’oltre confine e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica, circostanza che ora ha fatto scattare l’operazione. Successivamente era finito in carcere Giovanni Mazzacurati, ai vertici del Consorzio Venezia Nuova. Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito “il grande burattinaio” di tutte le opere relative al Mose. Indagando su di lui erano spuntate fatture false e presunte bustarelle che hanno portato all’arresto di Pio Savioli e Federico Sutto, consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.
di Sandro Forte