Dl cultura, Rampelli all’attacco di Franceschini: «Ha una visione dirigista e statalista»

4 Lug 2014 18:34 - di Redazione

«Quando giurò al Quirinale, Franceschini disse che si apprestava a guidare il più importante ministero economico del governo. Noi di Fratelli d’Italia apprezzammo quell’affermazione. Ma questo decreto-legge è inutile, fermo, immobile, sta lì dove abbiamo lasciato la cultura prima che Franceschini subentrasse a Bray. Anzi ha fatto persino qualche passo indietro».  Fabio Rampelli, capogruppo di Fratelli d’Italia intervenendo nella discussione generale sul decreto Cultura e turismo, alla Camera, smonta pezzo per pezzo il provvedimento definendolo «dirigista e statalista». In sostanza si interviene, «sempre e solo sulla tutela, sul conferimento di incarichi, pesi burocratici, competenze di amministrazioni periferiche, conferenze di servizi, intese e chi più ne ha più ne metta. La famosa affermazione di Guido Carli: “Bisogna liberare l’Italia da lacci e laccioli”, divenuto il primo comandamento dell’agenda Renzi l’avete fatto a pezzi». Rampelli contesta l’impianto del decreto nella sua complessità: «La tutela nella vostra visione è interdizione, non produce sviluppo, ma si conferma l’incomprensibile sbarramento che impedisce l’ingresso dei privati nella commercializzazione e promozione di un bene culturale». Inoltre sul decoro dei siti culturali si torna ai divieti. «La cultura del divieto – dice – ha prodotto quell’abusivismo edilizio che ha devastato la nostra penisola e fatto costruire manufatti fin nel cuore della Valle dei Templi. Non bisogna vietare, ma prescrivere con chiarezza quali strutture, anche temporanee, possano convivere con un sito culturale». E poi ancora: «Occorre disegnare la tipologia, i caratteri stilistici, prevedere il colore e la dimensione affinché non siano pacchiane come gli attuali camion-bar, ma godibili e persino complementari al monumento. Basta divieti che ci consegneranno nelle mani dell’abusivismo commerciale…». E serviva un decreto-legge, si chiede ancora Rampelli, «per fare un provvedimento la cui attuazione viene rinviata alle calende greche?». La ricetta per aumentare di due punti il Pil, per Rampelli, è «proprietà pubblica, gestione privata. Occorre svuotare i magazzini e mettere in piazza il nostro patrimonio sommerso. È urgente rendere visitabili le decine di migliaia di monumenti e musei cosiddetti minori, chiedendo ai privati manutenzione in cambio di sbigliettamento e, perché no, ristorazione. È urgente andare a conquistare, con attività diplomatica convincente e adeguata determinazione, le opere d’arte trafugate e quelli che sono stati veri e propri bottini di guerra». E poi ancora: «Dobbiamo realizzare la più prestigiosa scuola di sovrintendenti e manager culturali del pianeta». Infine, Rampelli osserva che nel decreto non c’è neanche una parola sulla lingua italiana e sull’enogastronomia. Nessun riferimento alla religione cattolica come elemento di identità culturale. «Le idee – conclude –  che vi abbiamo suggerito non hanno nemmeno il copyright: rubatele pure».

 

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