Gli immigrati che commettono reati e sono espulsi? Per la sinistra europea sono “deportati”
Espellere gli immigrati che commettono reati o che non hanno le carte in regola è “deportazione”. Ergo, coloro che rubano, aggrediscono o sono autori di crimini di ogni specie nel momento in cui vengono rispediti a casa loro sono “deportati”. E’ il nuovo trucco della sinistra, che usa le stesse tecniche verbali in ogni angolo d’Europa, per dare l’idea che, comunque sia, chi pone dei paletti all’immigrazione finisce per perseguitare, essere intollerante e quant’altro. La strategia è quella di dare in pasto all’opinione pubblica una realtà diversa, cucita agli interessi politici di parte. Sotto accusa, stavolta, è la Norvegia: ogni giorno, dall’inizio dell’anno, ha “deportato” 18 immigrati, una crescita continua che ha raggiunto livelli record per un paese che non ha certo i problemi di “frontiera” dell’Italia, ma che ha sempre assorbito l’onda d’urto dell’immigrazione dal Sud del mondo. Un dato che dovrebbe far riflettere e non creare proteste. Quest’anno, affermano le fonti citate dalla stampa norvegese, la polizia ha rafforzato lo sforzo per respingere gli stranieri che non abbiano permessi di residenza ufficiale in Norvegia o che siano accusati di reati. Negli ultimi sei mesi le forze dell’ordine hanno operato quelle che sono definite ”deportazioni forzate” in 3167 casi, 1237 dei quali accusati di crimini, e secondo le previsioni, entro la fine del 2014 questa cifra dovrebbe raggiungere quota 7100. Kristin Otesen Kvigne, capo del servizio immigrazione della polizia, ha detto ai giornali: «Siamo al livello più alto mai raggiunto e la deportazione forzata è quello che vuole il governo» della coalizione della destra populista di Erna Solberg. Altre cifre, fornite dalla Direzione per l’Integrazione e la Diversità, chiariscono che lo scorso anno un comune norvegese su cinque ha rifiutato di ricevere immigrati. Ogni anno l’organizzazione chiede alle municipalità le disponibilità ad accogliere stranieri: nel 2013 69 comuni su 370 hanno detto no. Qualcuno, invece di inorridire, dovrebbe sforzarsi e capirne il motivo. Ed evitare di parlare di “deportazioni”. Per rispetto nei confronti di coloro che sono stati deportati per davvero e delle loro storie di lacrime, sangue e sofferenze.