In Iraq è caccia ai cristiani: distrutto il mausoleo di San Giorgio, patrono di Mosul
Dopo la tomba del profeta Giona, anche il mausoleo di San Giorgio, patrono di Mosul, nel nord dell’Iraq, è stato fatto saltare in aria da jihadisti dello Stato islamico (Isis). È quanto affermano fonti locali, parlando di una «potente esplosione» avvenuta nella tarda serata di venerdì che ha «devastato l’intero mausoleo». In precedenza, sempre nella giornata di venerdì, i miliziani avevano distrutto la mitica tomba di Seth, che ebrei, cristiani e musulmani venerano come figlio di Adamo ed Eva. Mentre giovedì era stata fatta saltare in aria la moschea di Giona, dove la tradizione vuole che fosse sepolto questo profeta, anch’egli sacro a tutte e tre le religioni monoteiste. I jihadisti dell’Isis giudicano una pratica eretica i pellegrinaggi ai monumenti dell’Islam e del Cristianesimo, in particolare se compiuti insieme dagli appartenenti alle due religioni. Una pratica finora normale in una città come Mosul dove da millenni convivono diverse fedi. Vicinanza e partecipazione al dramma dei cristiani iracheni sempre più colpiti da sistematiche persecuzioni sono state espresse, in un colloquio telefonico, da papa Francesco al patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako. Lo riferiscono l’Osservatore Romano e la Radio Vaticana. «Siamo molto grati e colpiti della sua solidarietà, simpatia e preghiera. Ha detto che è molto vicino ai cristiani e prega per tutto l’Iraq. Quando gli ho detto che i cristiani sono forti nella fede e nella speranza, ha detto: “Bene! Bene! Non perdete la speranza!” – ha spiegato Sako all’emittente pontificia – è veramente un supporto paterno per noi; è una vicinanza molto importante, che ci dà la forza, la fiducia di perseverare e sperare in una situazione migliore in Iraq». Nei giorni scorsi il patriarca, attraverso una missiva inviata al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, aveva rivolto un appello affinché le Nazioni Unite esercitino pressioni politiche sulla comunità internazionale per fermare le violenze ai danni dei cristiani iracheni. «Il Consiglio di sicurezza non può rimanere inerte testimone delle continue atrocità contro i cristiani», aveva scritto monsignor Sako.