La fine del Ramadan favorisce la tregua umanitaria a Gaza City, ma un colpo di mortaio si porta via un altro bimbo palestinese
Non perfettamente, ma sembrerebbe reggere la tregua nella martoriata Striscia di Gaza. Forse l’unanimità della richiesta proveniente dalle Nazioni Unite ha avuto un qualche effetto o forse lo sono stati gli accorati appelli di Papa Francesco oppure la fine del Ramadan o ancora la stanchezza e il dolore delle popolazioni coinvolte. Fatto sta che non si spara quasi più. Quasi, perché si può parlare solo di calma relativa. Ogni giorno infatti ha la sua pena. E questo è il giorno in cui si deve registrare che un bimbo palestinese è stato ucciso da un colpo di artiglieria israeliano sparato nelle vicinanze del campo profughi di Jabalya. Un altro innocente che purtroppo si aggiunge alla strage senza fine di innocenti.
C’è da dire che sul versante politico diplomatico ci si muove con qualche speranza in più. Gli israeliani ci stanno riflettendo su al netto della necessità che hanno di eliminare tutti i tunnel costruiti da Hamas lungo la Striscia. Secondo poi il presidente palestinese Abu Mazen, la proposta egiziana per un cessate il fuoco in Medio Oriente «va incontro a tutte le richieste dei palestinesi, inclusi l’apertura dei valichi e la rimozione del blocco» della Striscia di Gaza. Abu Mazen lo ha detto al quotidiano saudita “Al-Ukaz”, ripreso dai media israeliani. «Abbiamo boicottato il vertice di Parigi – ha aggiunto – perché l’Egitto non è stato invitato». La Mogherini ha voluto rilanciare le richieste dell’Onu: «Faccio mie le parole del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha concordato un appello a rispettare la tregua umanitaria e ad estenderla in occasione delle festività di fine Ramadan», ha detto il nostro ministro degli Esteri a margine di una visita a Belgrado, sottolineando che sarebbe «un gesto di grande rispetto religioso, umano e politico». Mogherini ha spiegato che la tregua deve servire «a negoziare un cessate il fuoco più sostenibile e su questo le proposte sul terreno ci sono, a partire da quella egiziana, e credo che sia anche nell’interesse di Israele lavorarci ed accettarle».