L’intervista/ Guzzetta: «Il presidenzialismo? Necessario, ma crea problemi a Renzi…»
Ha una certezza, Giovanni Guzzetta: «Eliminare il bicameralismo perfetto è necessario, ma non sufficiente, perché il problema della governabilità italiana non dipende solo dal bicameralismo, ma dal fatto che i partiti in Parlamento si sfaldano, si sciolgono, fanno i ribaltoni». Per questo, per il costituzionalista, la riforma in discussione a Palazzo Madama «non risolve la governabilità, che si risolve diversamente». «A mio modo di vedere – chiarisce il docente di Diritto pubblico – il presidenzialismo è la risposta migliore, naturalmente complementare alla riforma del Senato».
Però, proprio oggi, gli emendamenti Gasparri per l’elezione diretta del Capo dello Stato sono stati considerati inammissibili. Davvero non c’era spazio per accoglierli in questo iter?
Purtroppo, siccome siamo un Paese in cui la cultura istituzionale è molto debole, probabilmente Renzi sa che nel suo partito questa idea non può avere successo, sebbene abbia sostenitori illustri come Prodi o come lui stesso. Quindi, si accontenta del minimo. Ma penso che non sia sufficiente e che il presidenzialismo andrà comunque affrontato.
A proposito di Renzi e dei problemi interni al Pd, riforme di questa portata si possono fare con un accordo di vertice come quello del Nazareno e mettendo a tacere tutti i dissidenti?
Per me le riforme si fanno quando c’è la maggioranza richiesta dalla Costituzione. Se c’è un ampio consenso meglio. Se c’è la maggioranza, ma il consenso non è poi così ampio è un problema politico: quelle riforme, pur legittime, avranno una minore legittimazione politica, saranno più deboli politicamente.
Quindi, lei non riscontra un problema di metodo?
Diciamo che mi pare evidente che sul tema delle riforme si giocano due partite: oltre a quella del merito anche quella della capacità decisionista del premier di imporre la propria soluzione. Entrambe sono importanti e io non sono un contestatore del decisionismo. Il problema è se queste due esigenze si possono contemperare senza che lascino lacerazioni eccessive.
È vero, come dice Renzi per liquidare chi chiede che il Senato resti elettivo, che l’unica strada per rompere il bicameralismo perfetto è quella dell’elezione indiretta dei consiglieri regionali?
Il bicameralismo si rompe nel momento in cui si toglie la fiducia al Senato. Esistono sistemi parlamentari, come l’Australia, in cui la fiducia la dà solo la Camera bassa, ma i senatori sono eletti direttamente negli Stati. Non c’è automatismo tra le due cose. È chiaro, però, che se si vota l’elezione diretta e poi si mantiene la fiducia anche al Senato il bicameralismo rimane. Comunque, io ho la sensazione che sulla questione dell’elezione del Senato ci sia un irrigidimento ingiustificato, nel senso che sarebbe possibile trovare una soluzione che riconosca in parte le ragioni di coloro che vorrebbero un Senato legittimato direttamente. E questo senza pregiudicare la volontà del governo e del premier così come è stata manifestata dall’inizio.
Quale soluzione immagina?
Prevedere che i consiglieri che diventano anche senatori siano scelti dal voto dei cittadini, durante le elezioni regionali: quelli con maggiore consenso vanno anche al Senato. Non è un’elezione diretta nel senso in cui è stata intesa finora, perché non prevede un voto separato, ma a decidere sono i cittadini.
Parlando dei senatori dissidenti Renzi ha chiesto: «Chi è più rappresentativo, Mineo e Minzolini o un consigliere regionale?». Quale idea di istituzioni c’è dietro questa battuta?
Penso che se il Senato ha la funzione di rappresentare le regioni conta di più la scelta del circuito regionale. Il problema, la domanda che idealmente io faccio a Renzi è: preso atto che i senatori sono anche consiglieri regionali, è più giusto, politicamente legittima di più la posizione della regione, il fatto che questi siano scelti dai segretari di partito o dai cittadini nel momento in cui eleggono i consiglieri regionali? La composizione del Senato deve essere il frutto di una operazione delle segreterie o possono essere i cittadini a scegliere?