Procuratore nisseno a giudizio per le “veline” alla stampa. L’accusa: divulgò le intercettazioni di Riina

3 Lug 2014 18:03 - di Redazione

Rinviato a giudizio per violazione del segreto d’ufficio. È quanto stabilito dal gip di Catania Oscar Biondi per il procuratore aggiunto di Caltanissetta Domenico Gozzo. Secondo l’accusa, Gozzo avrebbe passato alla stampa il testo delle intercettazioni in carcere tra Totò Riina e i suoi familiari. Dopo la pubblicazione di quelle conversazioni fu aperta un’inchiesta, nell’ambito della quale è stata anche eseguita una perquisizione a casa di un cronista del Fatto Quotidiano. Durante l’operazione, condotta dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania, sarebbero stati trovati file in cui si faceva riferimento ai contatti del giornalista con Gozzo. Secondo l’ipotesi investigativa, il togato, coordinatore delle nuove indagini della Dda della Procura di Caltanissetta sulle stragi del 1992, avrebbe violato il segreto istruttorio facendo trapelare, in particolare, notizie su colloqui in carcere tra Riina e il figlio. Durante le conversazioni, che erano intercettate, si faceva tra l’altro riferimento a nuovi possibili attentati contro magistrati palermitani e di Caltanissetta. La prima udienza del processo si terrà ad ottobre davanti al Tribunale di Catania, a cui la procura nissena trasferì l’indagine per competenza dopo l’apertura del fascicolo, ipotizzando il coinvolgimento di magistrati del proprio distretto.

“Quest’anno la Juve è una bomba”, diceva Riina. Parole apparentemente innocue che, a dire dei pm, avrebbero nascosto una minaccia a uno dei magistrati palermitani che indaga sulla trattativa Stato-mafia. La conversazione, peraltro, venne messa in collegamento con una lettera anonima giunta ai pm di Palermo in cui si denunciava il raggiunto accordo tra il boss latitante Matteo Messina Denaro e non meglio precisati “amici romani” per una ripresa della strategia stragista. Dopo la pubblicazione dell’articolo venne aperta un’indagine dai pm di Caltanissetta che, ipotizzando il coinvolgimento di un collega del distretto, trasmisero tutto a Catania. Vennero perquisite le abitazioni di due cronisti del Fatto e a casa di una di loro fu trovato un file dal quale, secondo l’accusa, sarebbe stato possibile dedurre un ruolo di Gozzo nella fuga di notizie. L’accusa in aula, oggi, è stata rappresentata dal procuratore aggiunto di Catania Carmelo Zuccaro che ha chiesto il rinvio a giudizio del collega, difeso dall’avvocato Francesco Crescimanno. L’autorità giudiziaria etnea dovrebbe inviare la decisione del gip al Consiglio Superiore della Magistratura che potrebbe aprire un fascicolo a carico del magistrato. Nico Gozzo, per anni pm a Palermo, ha sostenuto l’accusa al processo all’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri. A Caltanissetta, da procuratore aggiunto, ha riaperto e coordinato le indagini sulle stragi di Capaci e sull’attentato di via D’Amelio consumato all’ombra della cosiddetta trattativa Stato-mafia per cui pende un processo a Palermo.

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