Sabina Guzzanti a Venezia con un film sulla mafia. L’intellighentia anti-Cav non “cambia verso”…
Irriconoscibile, ma allo stesso tempo un film già visto. La contraddizione di Sabina Guzzanti è tutta qui. Da una parte è irriconoscibile e non solo per l’eccessivo ricorso ai ritocchini estetici. Non si riconosce soprattutto per la parabola (possiamo dire involuzione) della sua carriera artistica. Ve la ricordate la promettente interprete brillante? La sua parodia di Moana Pozzi era esilarente e lasciava presagire buone potenzialità. Quella Guzzanti non esiste più. Sorella d’arte, meno dotata del fratello Corrado, più della sorella Caterina, aveva un’autostrada spalancata da comica, ma si è persa per strada. L’ossessione della comicità impegnata, l’ossessione della satira a senso unico, dove prima della risata contava la militanza, ha finito per renderla sempre meno convincente. Tra poche settimane la ritroveremo addirittura al Festival di Venezia come regista dell’ennesimo lungometraggio politico a imitazione di quelli di Michael Moore. Il suo nuovo film, La trattativa, è incentrato sui presunti rapporti Stato-mafia. «La trattativa è argomento importante – ha spiegato la Guzzanti – affronta quel momento storico in cui sembrava che le cose potessero cambiare, poi ci sono state le stragi, si sono mossi i poteri di varia natura e le cose sono andate in direzione opposta». Una storia che verrà ricostruita in rumorosi teatrini dove passano personaggi come Marcello Dell’Utri, Giancarlo Caselli, Massimo Ciancimino. Non occorre andare in sala per capire che si tratta della minestra riscaldata di un cinema impegnato sì, ma a raccontare la solita storia. I buoni stanno a sinistra, i cattivi stanno con Berlusconi. Più o meno lo stesso tema di Viva Zapatero, quando la sinistra italiana era innamorata del premier spagnolo. I fatti hanno dimostrato invece che il leader socialista era un bluff. E contro il governo Berlusconi era schierato esplicitamente Draquila, imperniato sulla ricostruzione de L’Aquila dopo il terremoto. Ma la nostra Sabina è fatta così. Era convinta che il problema dell’Italia fossero il centrodestra e la Rai che non le consentivano di esprimersi. Se n’è accorta quando è andata a lavorare a La7 con uno show tutto per lei. I risultati sono stati disastrosi. Un, due, tre stella ha ottenuto ascolti ben al di sotto delle aspettative. «Spazzatura tv, purtroppo. Sparsa con ridanciana, deliberata e offensiva arroganza», aveva qualificato la trasmissione il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, all’indomani di uno sketch blasfemo su Gesù. Ora la attende il festival del cinema di Venezia dove spiegherà agli italiani come andarono veramente le cose nei rapporti tra Cosa nostra e lo Stato italiano. Non c’è più niente da ridere.