Seppur centotrentuno sono tanti…. Auguri!
Centotrentuno. Tanti ne sono passati da quella nascita. Talmente tanti che il ricordo dell’evento si è diradato. Anzi, si può dire che è stato proprio dimenticato. Del resto 131 sono tanti. Che, a voler divagare, è pure il nome di una Fiat bianca che aveva mio padre. Che non c’è più. Né lui né l’auto. Perché il tempo passa e anche le macchine invecchiano. Come gli uomini. E finiscono allo sfasciacarrozze. Come gli uomini. Come quelli di allora. Quelli come mio padre. Quelli che di quel compleanno avevano memoria, che lo ricordavano, che l’avevano pure vissuto. E che erano divisi. E combattuti. Per cui alcuni alzavano il bicchiere per festeggiarlo, altri la voce per maledirlo. Valli a capire gli uomini. Valla a capire quella storia dell’altare prima e della polvere poi. Dell’entusiasmo acritico e dell’insulto codardo. Cose da uomini, appunto. Imperscrutabili. Così come imperscrutabile, ma propriamente umano è sempre il miracolo della nascita. Che quando poi avviene in una sperduta frazione di un borgo minuscolo e da lì dispiega gli effetti sul mondo intero è ancor più mirabolante. Come allora. Come centotrentuno anni fa. Auguri.