Vincenzo Nibali, la normalità di un trionfo ottenuto con i piedi ben piantati ai pedali della bici
Forse avrebbero dovuto soprannominarlo «u piscispada» dello Stretto. Perché quello e non lo squalo è il simbolo della sua terra natìa. Perché non sarà aggressivo come lo squalo, che da quelle parti adora seguire la scia delle petroliere e dei portacontainer a caccia di qualche grosso tonno, ma è pur vero che il pescespada è forte e agilissimo. In ogni situazione. Proprio come ha dimostrato di essere questo «missinisi» cresciuto agonisticamente in Toscana, ma devotissimo agli arancini «cu sugu» e alla granita caffè con panna. In verità, oramai, con quella maglia gialla in bacheca e dopo la passeggiata trionfale sul porfido scivoloso degli Champs-Elysées lo possono chiamare come gli pare: squalo o pescespada oppure barracuda (che a guardarlo bene un po’ gli somiglia) non importa. Quel che importa è vincere qualcosa di importante. E lui, Vincenzo Nibali, ha vinto. Lui che una volta disse al padre: «smetto», rimediando un ceffone, ha vinto e zittito tutti. Tutti quelli che storcevano il naso, tutti quelli che mai c’hanno creduto e tutti gli altri che ci credevano sì, ma non troppo. Lasciando soprattutto a bocca aperta quelli, la stragrande maggioranza, che fino a ieri neppure ne conoscevano l’esistenza, i sacrifici, le quotidiane fatiche e che oggi pare non abbiano mangiato altro che pane e Nibali. Questo spilungone ossuto ha vinto due volte. Perché è stato sincero e ha detto la verità. Cioè, che senza la ormai maniacale attenzione al doping nel ciclismo lui non avrebbe mai avuto alcuna chance, sarebbe sempre rimasto indietro. Il gregario di qualcun altro . Qualcuno più furbo e ammanicato. Cosicché siamo certi che saprà gustarsi la vittoria e i tanti benefit che ne deriveranno, che gradirà l’incenso dei media (perfino il Wall Street Journal) e che sorriderà ai complimenti dei politici. A cominciare da quello, immancabile, di prezzemolo Renzi. Ma difficilmente diverrà un personaggio da copertina patinata. Uno che si lasci andare a notti folli ed eccessi sconsiderati. Anche se lo tratteranno per un po’ da eroe e per un po’ a Messina quasi lo venereranno più della Madonna della Lettera, lui sembra avere i cromosomi giusti per resistere con relativa serenità a questa notorietà improvvisa e tumultuosa. Mantenendo quella sua calma serafica e i piedi ben piantati in terra. Anzi, ai pedali della sua bici.