A far riaprire il caso Pantani lo stesso perito che smascherò il finto suicidio di Bergamini
«L’artefice principale di tutto questo è Tonina Pantani». A commentare così la riapertura dell’inchiesta sulla morte di Marco Pantani è l’avvocato Antonio De Rensis, che assiste i familiari del Pirata. «Io sono stato uno strumento. Il merito è della sensazione di una donna straordinaria, guidata da quella forza straordinaria che è l’amore di una madre per il figlio. Queste sensazioni spesso portano sulla strada giusta. È merito suo se oggi possiamo provare e riscrivere i fatti di quei giorni». Secondo la nuova ipotesi il campione del ciclismo non sarebbe morto solo nella stanza D5 del residence Riminese il giorno di San Valentino del 2004, per le dosi fatali che gli fornirono i due pusher napoletani. Per i legali della famiglia del Pirata la verità su quel 14 febbraio è tutt’altra: la consulenza del medico legale Francesco Maria Avato, docente all’Università di Ferrara, parlerebbe di omicidio per avvelenamento da cocaina. Lo sottolinea la Gazzetta di Parma, che assieme a Repubblica e Gazzetta dello Sport ha pubblicato la notizia della riapertura della indagine sulla morte del Pirata. Un etto di “roba”, eppure il processo ha accertato che l’ultima dose acquistata dal campione era di 30 grammi. Così come è assodato che Pantani stesse continuando ad assumere i farmaci antagonisti della droga, per tentare di combattere la dipendenza. Visto che la cocaina è un sostanza molto idrosolubile qualcuno potrebbe averla fatta bere al Pirata: l’unico modo per far sì che inghiottisse quella quantità enorme. Questa l’ipotesi su cui si soffermerebbe Avato nella consulenza. Il professor Avato con un suo lavoro aveva portato alla riapertura del caso di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico (Cosenza). Un caso che per anni è stato considerato un suicidio poi è stato riaperto per omicidio.
Il cadavere di Pantani fu trovato la sera del 14 febbraio 2004 nella camera da letto, su piano rialzato, in un appartamento al quinto piano del residence ”Le Rose” di Rimini. La salma, presenti ufficiali di polizia giudiziaria, fu ispezionata da un medico della Asl di Rimini. Secondo quanto risulta in atti giudiziari, il cadavere era «prono, sul pavimento, al lato destro del letto»; presentava «vistose macchie ipostatiche sul volto, sul torace e sulle gambe». Il medico legale rilevò «lievi escoriazioni sul capo, uscita di sostanza ematica dalle narici», conseguenza della «probabile lesione del setto nasale». Il cadavere presentava, inoltre, alcuni particolari, descritti nei verbali della polizia: «un tatuaggio raffigurante un diavoletti di colore rosso con forcone e una nuvoletta sul braccio destro; un tatuaggio raffigurante una faccia e una rosa sulla regione pettorale sinistra». Una «vistosa chiazza di sostanza presumibilmente ematica», infine, fu rilevata «sul pavimento, in corrispondenza del volto del cadavere». Dalla Procura di Rimini trapela per ora solo la notizia che non ci sono indagati nella nuova inchiesta sulla morte di Pantani. Lo ha confermato il procuratore di Rimini Paolo Giovagnoli, spiegando che il fascicolo è iscritto a modello 44, quello usato a carico di ignoti.