Dopo la vittoria Erdogan si candida a diventare il nuovo Ataturk. E va a pregare alla moschea degli imperatori…
Dopo la – peraltro ampiamente prevista – elezione a nuovo capo dello Stato turco del premier islamico Recep Tayyip Erdogan domenica fin dal primo turno delle presidenziali con il 51,7%, la stampa turca si interroga sul nome del successore del “sultano” di Ankara alla guida del governo. Secondo diversi quotidiani il favorito di Erdogan sarebbe Ahmet Davutoglu, attuale ministro degli Esteri. In alternativa, scrive Hurriyet circola anche il nome di un altro fedelissimo di Erdogan, ossia l’ex-ministro dei Trasporti Binali Yildirim. Il neo-presidente eletto, che ha fatto sapere di volere continuare a dirigere di fatto il Paese da Palazzo Cankaya, il Quirinale turco, sembra invece deciso a sbarrare la strada al capo dello Stato uscente, il compagno di partito Abdullah Gul, che sarebbe un premier meno docile. Per questa ragione, almeno secondo Zaman, Erdogan intende convocare una convenzione straordinaria del suo partito islamico Akp prima del 28 agosto, quando scadrà il mandato presidenziale di Gul, che non potrebbe così essere candidato alla guida del partito e del governo. Ci sarebbero però resistenze in seno al partito ai piani del “sultano” contro Gul. Sempre secondo Zaman, il neo- presidente sta preparando la composizione del nuovo governo, che dovrebbe comprendere diversi suoi stretti collaboratori. Taraf ipotizza che il neo-presidente possa affidare il portafoglio dell’Economia al suo discusso consigliere Yigit Bulut, noto per le frequenti dichiarazioni forti (si è anche dichiarato «pronto a morire» per Erdogan), al posto dell’autorevole Ali Babacan, e quello degli Esteri al capo dei servizi segreti del Mit Hakan Fidan, un altro suo fedelissimo. In alternativa, secondo Hurriyet, gli Esteri potrebbero andare all’attuale ministro per l’Europa Mevlu Cavusoglu o a un altro consigliere dell’attuale premier, Ibrahim Calin. Ovviamente l’Unione europea, dopo aver in passato criticato Erdogan per presunte repressioni, ora corre in suo soccorso: «Come giustamente lei stesso ha sottolineato, confidiamo che manterrà il ruolo conciliatorio che la sua nuova posizione comporta, e si sforzerà di comprendere tutte le comunità, le fedi, le sensibilità, le opinioni e gli stili di vita della società turca»: così i presidenti di Consiglio e Commissione Ue Hermanvan Rompuy e Josè Manuel Barroso hanno scritto in un messaggio di congratulazioni per l’elezione di Erdogan a presidente della Turchia.
Erdogan, 60 anni, ha così messo a segno l’ottavo successo elettorale consecutivo in 12 anni contro l’opposizione laica, forse il più importante, diventando il nuovo capo dello Stato turco con un trionfo. Subito dopo la vittoria nel tradIzionale “discorso dal balcone” della sede del suo partito islamico Akp, Erdogan ha salutato la vittoria della “Nuova Turchia”, e con toni insolitamente concilianti ha promesso che sarà il presidente di tutti i 77 milioni di turchi, invitando il Paese a entrare in una nuova era e a «lasciare dietro a sé nella Vecchia Turchia la cultura del conflitto». Il successo di Erdogan, al potere con il partito islamico Akp dal 2002, suscita l’allarme dell’opposizione, che teme una ulteriore deriva islamica e autoritaria per il Paese. Erdogan ha vinto con il 51,7%, contro il 38,8% al principale candidato dell’opposizione, il conservatore Ekmeleddin Ihsanoglu, appoggiato da sinistra e destra laiche, una mossa non capita da molti elettori socialisti che non lo hanno votato. Il leader curdo Selahattin Demirtas è al 9,5%. Il trionfo a sorpresa di marzo, nonostante le pesanti accuse di corruzione e autoritarismo mosse al premier, e le previsioni dei sondaggi, che davano Erdogan al 52-57%, hanno visibilmente demoralizzato molti elettori dell’opposizione. Il “sultano” ora presidente eletto ha già chiarito di volere restare almeno fino al 2023, l’anno fatidico del centenario della fondazione della repubblica nel 1923 da parte di Mustafa Kemal Ataturk sulle rovine dell’impero ottomano, di cui Erdogan è grande ammiratore. Erdogan ha promesso di fare del Paese entro quella data la decima potenza economica del pianeta. Simbolicamente, subito dopo la vittoria, Erdogan si è recato a Istanbul a pregare nella moschea di Eyup Sultan, costruita per volere di Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli. In questa moschea i sultani ottomani si proclamavano nuovi signori dell’Impero. Il nuovo trionfo di Erdogan però interviene in una fase di grandi incertezze per il Paese, con i jihadisti dello Stato islamico (Isis) che dilagano lungo le frontiere meridionali in Siria e Iraq, e minacciano di “liberare” Istanbul. Un boomerang per lui, che l’opposizione ha più volte accusato di giocare con il fuoco aiutando in Siria i gruppi armati jihadisti contro Bashar al Assad e contro i curdi-siriani.