Il “day after” amaro di Renzi: la maggioranza non ha più i numeri. Gasparri: «Lo slide show è finito»
Il giorno dopo la mezza vittoria di Renzi in Senato il mondo della politica analizza bene i numeri e quella del premier appare sempre più come una mezza sconfitta. Il dato politico è semplice e incontrovertibile: senza l’apporto dei senatori di Forza Italia il ddl riforme non sarebbe mai passato.La qualcosa dovrebbe impensierire Renzi, non solo per i successivi passaggi del disegno di legge costituzionale, ma anche per le cruciali prove della riforma del mercato del lavoro, della legge di stabilità, delle legge elettorale, del ddl delega sulla pubbblica amministrazione. E non c’è alcuna garanzia che, su questi altri decisivi fronti, la maggioranza che sostiene il premier non subisca nuove defezioni.
Mette le mani avanti il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda: «Non sarà necessario alcun soccorso azzurro da parte di Forza Italia. Non prevedo alcun soccorso. Sui temi del governo la maggioranza è quella che dà la fiducia. FI non è nella maggioranza e non dà la fiducia al governo. Noi abbiamo alla Camera una maggioranza larga, al Senato è più ristretta, ma finora abbiamo sempre convertito i decreti e approvato le leggi. Non abbiamo mai avuto un punto di caduta». Ma il collega di partito Massimo Mucchetti (uno dei dissidenti) richiama il capogruppo del Pd alla dura realtà e parla di «vittoria di Pirro». «Noi eravamo solo un gruppo di una ventina di senatori, all’atto pratico la riforma è passata con soli dieci voti in più della maggioranza che sostiene il governo». Sul fronte opposto Maurizio Gasparri evidenzia con decisione la debolezza politica del premier: «I numeri sono chiari. Senza Berlusconi non ci sono riforme. Si poteva avere più coraggio aprendo al presidenzialismo, come propone Forza Italia. Ma non si poteva certo privilegiare la situazione esistente. Il bicameralismo va superato. Il problema di Renzi ora è di prendere atto che la sua tabella di marcia non esiste più, che l’economia è in recessione, che i suoi decreti non servono a nulla. Solo l’agenda Berlusconi può essere utile all’Italia. Mentre l’agenda Renzi è semplicemente inesistente. Lo slide show è finito. Il futuro dell’Italia ha bisogno di ben altro». Mara Carfagna, dal canto suo, mette in rilievo la scarsa incisività della politica economico sociale del governo: «Non si capisce perché il premier ha messo il turbo alle riforme mentre per quelle economiche i tempi sono quelli della lumaca. Forse sottovaluta la situazione del Paese?». Tende a stemperare il clima di preoccupazione Laura Boldrini: sull’iter della riforma del Senato la Camera «farà la sua parte» e il testo potrebbe arrivare in aula tra fine settembre e ottobre. «Mi auguro – ha detto – che ci sia un clima più sereno, capace di entrare nel merito delle questioni senza trascendere». Ma sarcastico arriva il commento di Calderoli: «Qua devono tornare. Questa riforma così com’è non funziona. Lo sanno benissimo anche loro, è piena di ca…te. Quelli del Pd mi assicurano che la modificheranno alla Camera e, a quel punto, la lettura decisiva sarà la terza. Qui a Palazzo Madama. Da me dovranno tornare e io li aspetto». Si salvi chi può.