Pubblica amministrazione, passa la fiducia. Rampelli: un altro provvedimento “la qualunque”

7 Ago 2014 18:17 - di Redazione

Via libera dell’Aula del Senato con 160 sì e 106 no alla fiducia sul maxi-emendamento interamente sostitutivo del decreto legge sulla riforma della Pubblica amministrazione, nella versione modificata dalla commissione Affari Costituzionali. A tappe forzate, con l’ennesima fiducia, Palazzo Chigi c’entra l’obiettivo di chiudere la partita entro l’8 agosto anche alla Camera, dove il decreto dovrà tornare in terza lettura. A essere messo ai voti –  ha spiegato il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi –  è appunto il testo uscito modificato che sopprime alcune norme introdotte a Montecitorio, tra cui “quota 96” per il pensionamento degli insegnanti e la possibilità di pensionamento d’ufficio a 68 anni per professori universitari e primari. Quella di oggi è la diciottesima fiducia incassata dal Governo Renzi, comprese le prime due programmatiche. In sede di replica al termine della discussione generale sul provvedimento, il ministro della Pubblica amministrazione, la mite Marianna Madia, ha tentato di giocare la carta dell’orgoglio: «da parte nostra non c’è stata nessuna marcia indietro sul trattamento di quiescienza degli insegnanti». La cancellazione di “quota 96” dal disegno di legge –  ha spiegato – ha diverse ragioni». Un’accelerazione obbligata, un altro pasticciaccio brutto per chiudere l’esame del provvedimento entro la data stabilita  superando senza sorprese anche lo scoglio degli emendamenti (oltre 650 quelli presentati). Le opposizioni hanno votato compatte per il no. «Ribadiamo la nostra contrarietà al Dl Pa perché tutti i gangli nevralgici in grado di riformare la pubblica amministrazione sono stati elusi e rimandati a data da destinarsi – ha detto il capogruppo di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, intervenuto in Aula  – siamo ancora lontani dall’introduzione del principio meritocratico nella Pa e della possibilità di licenziare in tronco i funzionari pubblici corrotti colti in fragranza di reato o sanzionare pesantemente coloro che non danno risposte celeri ai cittadini». Se un decreto sulla PA non premia i dipendenti pubblici bravi e laboriosi e non punisce quelli somari e disonesti a cosa serve? «Siamo – ha concluso – in presenza di un decreto legge “la qualunque”, pieno di rinvii a decreti attuativi che ormai hanno superato le 500 unità, a proposito di inefficienza della Pa. Il governo invece di tergiversare su questioni secondarie deve metterci la faccia e affrontare l’emergenza economica».

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