Renzi non è più Fonzie: una mezza vittoria che allontana i “giorni felici”

8 Ago 2014 18:18 - di Girolamo Fragalà

Sembra uno di quei pugili da film, con la faccia gonfia e gli occhi semispenti, che – grazie ai trucchi cinematografici – trova la forza di alzare le braccia, urlare «ce l’ho fatta» e magari dedicare la vittoria alla sua amata. Salvo poi scoprire che il match era truccato da giudici di parte. Matteo Renzi è fatto così, ha iniziato saltellando felice e continua a farlo, perché ha scelto la strategia del sorriso e del falso ottimismo anche se le cose si mettono male. In tanti gli hanno creduto, perché gli italiani sperano sempre in qualcosa di nuovo e di miracoloso. Ora le pattuglie dei credenti si sono ridotte, e di molto. Nella vicenda delle riforme, infatti, possono brindare alla vittoria tutti tranne lui: Berlusconi perché ha riconquistato un ruolo da protagonista, le opposizioni – da Fratelli d’Italia alla Lega – perché hanno dimostrato di esserci e di incidere nei contenuti, conquistando le simpatie di chi è contro il testo “rivoluzionario”. Il Pd no, esce a brandelli. E il premier, clamorosamente, l’ha spuntata solo grazie al vecchio nemico, tanto da beccarsi gli sfottò del web, dove nelle vignette appare come un cagnolino al guinzaglio dell’uomo di Arcore. «Renzi è tutto contento per quella cazzata chiamata “riforma” del Senato. Il Titanic affonda, e il Pinocchio fiorentino ride e si fa i selfie…», ha detto Matteo Salvini. E che sia un sorriso amaro, quello del premier, lo si capisce già dai numeri: i senatori “democratici” che non hanno partecipato al voto sono stati quindici più due astenuti (per un totale di diciassette). Una bella pattuglia di “pugnalatori” del Cesare di sinistra. E anche gli antichi alleati di Sel sono sul piede di guerra: «Non è stata una bella pagina», ha scritto Nichi Vendola su Twitter.  «Per noi il cambiamento è dare più potere ai cittadini. Per loro è dare più potere ai potenti». E che nel Pd siano sprofondati di nuovo nell’incubo di Berlusconi lo dimostrano le parole acide di Pier Luigi Bersani:  «Il Patto del Nazareno? Chiariamo, il Nazareno è la sede del Pd, un grande partito riformista, non vorrei che passasse alla storia come il posto dove è venuto Berlusconi…». Ai posteri l’ardua sentenza.

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