Una donna si presenta con il burqa all’ufficio anagrafe. La sinistra le dà ragione
Sembra una provocazione, una messinscena. O meglio, un atto di prepotenza. Perché nella situazione che stiamo vivendo, con la tensione che si è alzata in tutto il mondo, la richiesta di maggiori controlli, la paura del terrorismo che cresce, presentarsi all’ufficio anagrafe con il burqa che copre completamente il volto e il corpo è una scelta quantomeno discutibile. Non è una questione di look e nemmeno religiosa. È una questione di sicurezza perché chiunque può nascondersi dietro quei veli neri. Una donna a Udine l’ha fatto, le si vedevano soltanto gli occhi e sono subito scoppiate le polemiche. L’ufficio anagrafe registra la popolazione ed è la base di numerosi altri servizi pubblici, quali quelli elettorale, scolastico, tributario, di leva, assistenziale, che attingono alla fonte per le notizie necessarie. La procedura prevede il riconoscimento della persona e l’utilizzo per i documenti di immagini con il volto ben visibile. Le anime buoniste della sinistra si sono subito schierate a favore della donna con il burqa, apostrofando come «rozzi e intolleranti» gli esponenti del centreodestra e della Lega che hanno protestato. A nulla è valso ricordare che la legge vieta di indossare indumenti che non permettano il riconoscimento del volto in luoghi pubblici perché c’è il precedente della procura di Torino che ha archiviato un caso similare, affermando che la donna può circolare con il burqa «in ossequio, secondo un’interpretazione diffusa, ai principi della religione islamica». Quindi tutto a posto, dicono a sinistra. Ma è solo l’ultima delle polemiche che vanno avanti da anni, tra rabbia e provocazioni. Basti ricordare l’nferno che scoppiò in Australia per il Premio Blake per l’arte religiosa. Tutta colpa di due opere: una rappresentava la Madonna con il burqa e l’altra il volto di Cristo confuso con quello di Bin Laden. Per non parlare delle polemiche scoppiate in alcune elementari, con le famose madri che andavano a prendere i figli a scuola con il burqa e persino con i cartelloni pubblicitari-choc. Basterebbe poco per rimettere tutto in ordine. Un solo concetto: è vero, va rispettata la religione altrui. Ma gli altri devono rispettare la nostra. E soprattutto le nostre leggi.