Articolo 18: Renzi alla (finta) prova della direzione Pd
Le sorti del governo appese alla direzione del Pd con all’ordine del giorno l’articolo 18? Come sempre la minoranza interna al Nazareno, guidata dal “coraggioso” e sempre più solitario Pippo Civati, non andrà fino in fondo e manterrà fede al canovaccio già scritto del pressing serrato contro le politiche “troppo di destra” del premier senza poi strappare definitivamente. Non a caso Civati è costretto ad assicurare che la Direzione di lunedì «non sarà un derby calcistico ma un luogo dove un partito come il nostro, il più grande partito della sinistra, discuterà per trovare il modo di unire chi è garantito e chi non lo è». Che tradotto significa che, dopo una lunga seduta di autoanalisi collettiva sull’intoccabilità dello Statuto dei lavoratori, tutti si adegueranno al manovratore. Intanto però, per il baldanzoso Renzi, che continua ad assicurare che la riforma del lavoro sarà approvata nelle prossime settimane, il Jobs Act si sta rivelando una grana non indifferente sulla quale pesano i sette emendamenti presentati in Senato dai malpancisti del Pd e i 700 delle opposizioni.
Sollevato dalla parziale apertura di Susanna Camusso, che ha concesso al governo la possibilità di discutere il numero degli anni in cui lasciare in sospeso l’articolo 18 che difende il diritto al reintegro del lavoratore, in queste ore il premier deve vedersela con i suoi. «Presenterò in direzione le mie idee, poi ci sarà un dibattito: si discute e alla fine si decide, si vota e si fa tutti nello stesso modo, si va tutti insieme». Identico il parere del ministro del Lavoro Poletti che non dà illusioni al leader della Cgil: «È una discussione aperta. Noi ascoltiamo tutti quanti, sentiamo le opinioni di tutti, poi alla fine governo e Parlamento decidono. Le opposizioni continuano a denunciare il falso problema dell’articolo e i pannicelli caldi di Palazzo Chigi, incapace di rimettere in moto il mercato del lavoro e più preoccupato dei compiti a casa imposti dall’Europa, sempre più a trazione tedesca nonostante la guida italiana della presidenza europea. «Non beviamo la finta baruffa sull’articolo 18, la verità è che il governo non stanzierà un euro per il rilancio del lavoro», ha ribadito il capogruppo della Lega Nord alla Camera Massimiliano Fedriga per il quale la querelle di queste ore «è un falso problema, creato ad arte per distrarre l’attenzione da una riformetta che il governo vuole far passare a costo zero». Renato Brunetta affida a un twitter rivolto a Renzi la posizione degli azzurri: “Sull’articolo 18 Europa e mercati non accetteranno papocchi. Neanche noi”. Grillo intanto conferma il suo colorito no. Ancora più eplicita la senatrice Renata Polverini: «Sull’articolo 18 la posizione di Forza Italia è coerente con la sua storia. È il dibattito nel Pd che, invece, è un elemento di novità. Per quanto mi riguarda, per 27 anni sono stata sindacalista, mi sono battuta contro l’abolizione dell’articolo 18, perciò è evidente che non posso votare questa riforma».