Da Parigi l’accusa di Renzi ai radical chic: «Pensano che io non sia di sinistra…»

6 Set 2014 12:35 - di Alessandra Danieli

«I radical chic in Italia hanno deciso che io non sono di sinistra…». Sceglie la radio francese Europe 1 Matteo Renzi per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e far conoscere fuori dai confini nazionale il suo talento di statista e la sua inattaccabile fede progressista. Reduce dal summit della Nato nel Galles, da Parigi il premier si lascia intervistare a lungo spaziando dall’economia agli esteri, dall’amore per l’Italia alla riscossa morale.«Sono nato nel 1975, avevo 14 anni quando mia madre guardava in tv il Muro di Berlino che cadeva. E ricordo che mi parlava del suo mito politico, che non era un comunista italiano ma era Bob Kennedy». E i miti di Matteo Renzi? chiede l’intervistatrice, la direttrice di Huffington Post France, Anne Sinclair. «Per me era tutta la famiglia Kennedy, ma poi anche Bill Clinton, Tony Blair, tutta un’idea della politica di sinistra che non è soltanto difendere gli ideali, ma cambiare le cose». Rivendica di essere un uomo di sinistra e difende l’arte della politica. «Quando dico in Italia che la politica è bella – ha concluso Renzi – molti mi guardano e pensano “Matteo è pazzo”…». Pensa positivo e non smentisce la sua verve di bambinone che sogna ad occhi aperti. È questa fiducia, insomma, la radice del suo successo, del quale gigioneggia con malcelata soddisfazione. «Renzimania? Penso sia la passione degli italiani per la dignità della politica, non per me – si schernisce – ho vinto le elezioni europee con il risultato più incredibile degli ultimi 56 anni. Ora ho due alternative, la prima è di essere contentissimo e andarmene in giro tutto fiero. L’altra è fare l’unica cosa che posso fare: utilizzare il risultato per cambiare l’Italia». In Italia – spiega ai francesi senza dire proprio tutta la verità – «la prima cosa che ho fatto è stata di dare ai cittadini meno ricchi 80 euro al mese ed è la prima volta che abbiamo dato un messaggio così». Sulla politica estera e la crisi ucraina dimostra di voler seguire il consiglio di Berlusconi: «Dobbiamo dare con fermezza il nostro messaggio a Putin, non con espressioni da guerra fredda». Tanti annunci e poche riforme? «Tutte le cose promesse sono cominciate negli atti parlamentari – risponde piccato alla Sinclair – C’è un piccolo problema che in Italia chiamiamo democrazia, c’è la discussione in Parlamento». Poi una gaffe, riparata subito. «In Italia c’è un problema di fiducia. Ogni volta che guardo un talk-show in tv, da noi ce ne sono troppi.. (non troppi, molti, si corregge), c’è la rappresentazione di un Paese senza speranza, senza futuro, con tutti i problemi del mondo, agli ultimi posti delle classifiche internazionali». Ma non è così.

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