Emergenza immigrati: per un italiano su due è il motivo di maggiore preoccupazione
Né Isis né crisi. Nè tantomeno la guerra in Ucraina o il conflitto israelo-palestinese. È l’immigrazione l’elemento di maggiore per gli italiani. È quanto emerge dallo studio diffuso dall’Osservatorio Findomestic per il mese di ottobre. Su un un totale di 498 intervistati, il report mensile, alla domanda “Quanto ciascuno dei fatti seguenti la preoccupa” alla voce “immigrazione” registra la metà degli interpellati angosciati dall’immigrazione. Gli elementi di maggiore preoccupazione per il nostro campione di intervistati sono così descritti dal report: «Silenziosa, ma fino a un certo punto. La tragedia infinita dei migranti che provano ad attraversare il Canale di Sicilia per raggiungere le nostre coste, e quindi l’Europa, scuote in profondità il Paese». A tenere alta la soglia d’attenzione c’è anche l’inquinamento dell’ambiente. A seguire, ad angosciare gli italiani ci sono la crisi russo-ucraina (38%), la stabilità dell’Eurozona (37%), la guerra civile siriana e l’avanzata dell’Isis 33% e il conflitto israelo-palestinese (30%). Ma dietro ai continui sbarchi che mettono in apprensione gli italiani. E a proposito di sbarchi, nonostante l’Operazione Mare Nostrum tra ottobre 2013 e settembre di quest’anno abbia salvato oltre 138mila persone, il numero dei migranti morti aumenta: se nel 2011 i decessi erano stati stimati in 1500; 500 nel 2012; oltre 600 nel 2013; al 15 settembre del 2014 sono almeno 2500. Sono i dati del rapporto presentato a Bruxelles da Amnesty International, che rispetto alla recente proposta di un Frontex plus, destinata a prendere il posto di Mare Nostrum, esprime forti preoccupazioni, perché «non ha i requisiti». Al commissario designato Dimitris Avramopoulos, che oggi è in audizione alla commissione del Parlamento europeo Libe e ai leader dei 28, Amnesty chiede una risposta su tre fronti: «Salvare vite in mare attraverso un’operazione congiunta europea»; «intervenire per ridurre il numero delle persone che si sentono spinte ad intraprendere questo viaggio pericoloso, attraverso il reinsediamento dei rifugiati, visti umanitari, e riunificazione delle famiglie»; ma si devono anche «risolvere i problemi strutturali delle operazioni di ricerca e soccorso», e «rivedere l’applicazione del regolamento di Dublino».