Immigrazione, Meloni insiste: stop a Mare Nostrum, investiamo sulla sicurezza
La proposta di Fratelli d’Italia è netta e chiara, e arriva direttamente dalla presidente Giorgia Meloni che, in un post su Facebook, ribadisce: «Aboliamo quella idiozia di Mare Nostrum e destiniamo i soldi risparmiati a militari e Forze dell’ordine. Investiamo sulla nostra sicurezza, come fanno tutti gli altri». Come negare, infatti, quanto anticipato nell’incipit della dichiarazione online dalla leader di FdI-An: «Francamente penso che l’Italia sia l’unico caso al mondo di una Nazione che – pur consapevole di essere nel mirino di terroristi – investe risorse sulla sua insicurezza e non sulla sua sicurezza. Continuiamo a usare le navi della nostra Marina militare come traghetti sulla tratta nord Africa-Italia, facendo finta di non sapere che la Libia, ormai, è in mano ai fondamentalisti». E intanto, mentre il terrorismo di matrice islamica dilaga, innestandosi in maniera capillare nel terreno sociale aiutato dai flussi migratori ininterrotti, le forze dell’ordine seminate sul nostro territorio, «le nostre Forze armate e di sicurezza – prosegue la Meloni dal social network – sono costrette a manifestare, per la prima volta nella storia, perché questo governo continua a umiliarle. A Porta a porta Renzi dice che «i soldi per le Forze di polizia si trovano». Noi la nostra proposta l’abbiamo fatta»… Una proposta che nasce anche dallo stato emergenziale in cui versano i porti presi d’assalto da scafisti e clandestini, come i centri di prima accoglienza ormai al collasso e da troppo tempo. Il bollettino degli sbarchi registra infatti approdi e interventi di soccorso in mare da annoverare nell’ordine dell’invasione quotidiana e sistematica: solo nelle ultime ore sono arrivati nel Siracusano trentanove migranti – 25 uomini, 7 donne e altrettanti minori – che hanno riferito di essere di nazionalità siriana, irachena, afghana e somala, rintracciati nella tarda serata di martedì dagli uomini della Guardia costiera nella riserva naturale di Vendicari, lungo la costa meridionale siracusana, a pochi chilometri da Portopalo di Capo Passero. Non solo: nell’ambito della stessa operazione un’unità del reparto navale della Guardia di finanza di Siracusa ha rintracciato poco dopo, al largo di Vendicari, una barca a vela con due persone a bordo, che si ritiene sia l’imbarcazione utilizzata per trasportare i migranti. La barca e i due uomini al timone sono stati condotti nel porto di Siracusa per accertamenti investigativi.
E ancora: a poche ore di distanza dal presidio siracusano, è attraccata al porto di Napoli la nave della Marina militare “Virginio Fasan” che ha accompagnato a terra 877 immigrati. Tra loro, 149 minori, di cui 117 non accompagnati. La maggior parte degli immigrati sbarcati proviene da Somalia, Gambia, Egitto, Eritrea, Nigeria, Sudan, Siria, Senegal ed Etiopia. La Campania ne accoglierà 214, che verranno distribuiti nelle cinque province. Il resto si dirigerà, a bordo degli autobus, verso le altre regioni secondo una ripartizione che ne prevede circa 55 in Abruzzo, 60 in Emilia, 50 nel Lazio, 80 in Liguria, 150 in Lombardia, 110 nelle Marche, 80 in Toscana, 60 in Umbria.
Un traffico ininterrotto che assedia ogni tratto delle nostre coste, come noto gestito da organizzazioni criminali, di cui gli scafisti fermati e indagati ormai all’ordine del giorno rappresentano solo la punta dell’iceberg. E allora, il tunisino di 38 anni, Ali Brabra, assoldato dai libici e fermato dalla Squadra mobile di Ragusa perché ritenuto il traghettatore clandestino di una imbarcazione in legno con a bordo 250 migranti – la maggior parte provenienti dall’Eritrea, molti dei quali minorenni – soccorsa mentre era scortata da due motovedette maltesi e da una motovedetta della Capitaneria di Porto di Pozzallo domenica scorsa, non è il primo, e non è la prima volta che arriva in Italia. Gli investigatori, infatti, hanno riscontrato che l’uomo era già stato nel nostro Paese, e che la prima volta era arrivato a Lampedusa nel 1999. Da quell’anno, secondo quanto accertato, inoltre, dopo aver commesso diversi reati come furto e ricettazione, era stato espulso. Priovvedimento che non lo ha certo fermato: dal 2004 al 2014 il tunisino ha ritentato di rientrare in Italia almeno sette volte – ad Agrigento, Lampedusa, Siracusa e l’ultima a Trapani nel luglio scorso – ma è stato sempre respinto e ricondotto in Tunisia. Fino al nuovo fermo: ennesimo caso registrato dalla cronaca quotidiana degli sbarchi. Che purtroppo non sarà neppure l’ultimo…