In Ucraina siglato il “cessate il fuoco”: reggerà?
Ci sono volute sette ore di colloqui del cosiddetto “gruppo di contatto” Osce-Mosca-Kiev-separatisti per arrivare al “cessate il fuoco” in Ucraina. Sette ore di confronto e di trattative diplomatiche, e sette mesi di azioni militari. Attacchi terroristici. Rappresaglie. Guerra. Il documento di pace, articolato in nove punti e siglato a Minsk, oltre che la tregua delle ostilità prevede anche la creazione di una zona demilitarizzata di 30 km nella parte orientale del Paese. «Abbiamo firmato un memorandum», ha confermato alla stampa l’emissario di Kiev, l’ex presidente Leonid Kuchma. Un accordo – ha aggiunto a sua volta il leader separatista Igor Plotnitski – che «dovrebbe portare alla realizzazione di una zona di massima sicurezza».
I rappresentanti di Kiev e i separatisti filorussi hanno trovato dunque un punto d’incontro, ma la tregua nella regione sembra insistere su fondamenta fragili, anche se i contorni dell’intesa sono chiari: oltre il cessate il fuoco è previsto il ritiro di 15 km di artiglieria pesante da entrambi i lati della “linea di contatto” tra le truppe ucraine e filorusse. E ancora: «I belligeranti hanno deciso di non usare le armi pesanti nelle aree popolate, e di vietare il sorvolo di aerei e di droni. L’area sarà sotto la supervisione dell’Osce», ha dichiarato spiegando i termini dell’accordo appena raggiunto Leonid Kuchma. Accordo che lascia comunque ancora aperte questioni da definire: «Non si è ancora discusso dello stato di Lugansk e Donetsk (regioni sotto il controllo dei filorussi)», ha infatti specificato a sua volta il rappresentante dei separatisti, Igor Plotnitski.
Così come resta ancora da dare seguito a quanto rimasto in sospeso dopo la firma a sorpresa del «protocollo di cessate il fuoco» tra Kiev e ribelli a Minsk del 5 settembre scorso, quando il presidente ucraino Poroshenko ha proposto di assicurare uno “status speciale” provvisorio alle regioni dell’est, e lo svolgimento di elezioni locali nel mese di dicembre. Solo due settimane fa la tregua professata in Ucraina orientale, però, firmata tra governo ucraino e separatisti sotto l’egida Osce in Bielorussia, si è rivelata flebile, tanto da non reggere alla ripresa delle azioni militari che hanno riacceso il conflitto. Un conflitto fin qui combattuto anche sui tavoli internazionali a colpi di sanzioni e misure punitive occidentali, sferrate da Ue e Usa contro Mosca, penalizzata per il suo interventismo nella crisi ucraina. Ma se la diplomazia e le sue inevitabili ritorsioni economico-finanziare hanno fustigato Putin, il consenso interno per il leader del Cremlino è risultato dai primi istanti dei disordini e del conflitto, sempre inversamente proporzionale: altissimo.